martedì 8 aprile 2008
NOI FACCIAMO UNA SCELTA DI PARTE
Noi sosteniamo le liste de “la Sinistra l’Arcobaleno”, e il candidato-premier Fausto Bertinotti, per quattro buone ragioni.
1. Perché è un voto utile alla democrazia italiana e alla rinascita della politica. La contesa elettorale non può ridursi a una partita a due, o a un referendum tra leadership spettacolari. E il futuro del paese non può essere affidato al “modello americano” , che per definizione e vocazione storica cancella la sinistra dalla rappresentanza istituzionale. Per battere la destra, la sinistra resta essenziale. Per vincere la sfida della pace che muove milioni di persone, ci vuole una sinistra forte. Per superare la crisi di fiducia, e i pericoli di declino morale dell’Italia, le idee e la forza della sinistra restano imprescindibili.
2. Perché è un voto di parte. Dalla parte dei lavoratori e dei diritti del lavoro, operaio, precario, intellettuale, sfruttato, sottopagato, umiliato. Dalla parte delle donne, dei giovani e dei nuovi cittadini e cittadine migranti in cerca di libertà. Dalla parte del rispetto per l’ambiente, minacciato da un’idea di sviluppo cieca e squilibrata. Dalla parte del valore non mercificabile del sapere e della conoscenza. Fuori da questa parzialità, che rivendichiamo come una risorsa preziosa, non c’è vera possibilità di cambiamento. E tutto si “concilia”, si omologa, si appiattisce, in un clima di conformismo dilagante.
3. Perché è un voto laico. Per fermare l’invadenza interventista delle alte gerarchie vaticane e le tentazioni neo-temporaliste della Chiesa cattolica. Per arginare le insorgenze fondamentaliste, che attaccano leggi come la 194, bloccano l’allargamento dei diritti civili, diffondono omofobia, tentano di ricondurre le donne ad un ruolo antico di soggezione. Noi non vogliamo né “guerre di religione” né antistorici steccati tra credenti e non credenti. Crediamo piuttosto che la laicità dello Stato e il primato del Parlamento siano il fondamento più solido della libertà di tutti.
4. Perché è un voto di speranza: per una sinistra capace di rigenerare se stessa, il suo modo di essere e di agire, i suoi progetti. Un obiettivo difficile, ma assolutamente necessario, che può cominciare un percorso positivo nel fuoco di queste elezioni, il 13 e 14 aprile. Noi, a questa speranza non possiamo rinunciare.
Primi firmatari
Pietro Ingrao; Marco Bellocchio, regista; Margherita Hack, astronoma; Lea Melandri, saggista e femminista; Mario Monicelli, regista; Achille Occhetto; ; Marco Revelli , storico; Gianni Rinaldini , segretario generale Fiom; Rossana Rossanda; Paolo Rossi, attore, da anarchico; Edoardo Sanguineti, poeta e saggista; Aldo Tortorella; Mario Tronti, flosofo; Dario Vergassola, attore.
Francesco Baccini, cantautore; Nanni Balestrini, scrittore; Sergio Cammariere, musicista; Ascanio Celestini, regista e attore; Leo Gullotta, attore; Wilma Labate , regista; Citto Maselli , regista; Lea Massari, attrice; Roy Paci, cantante; Paolo Pietrangeli , regista; Pasquale Scimeca, regista; Daniele Silvestri, cantautore; Piergiovanni Alleva, giuslavorista Univ. Politecnica Marche; Vezio De Lucia , urbanista; Angelo D'Orsi, storico; Gianni Ferrara , costituzionalista Univ. La Sapienza; Carlo Flamigni, docente Univ. Bologna; Francesco Garibaldo, sociologo; Giorgio Airaudo, segr. gen. Fiom Piemonte; Gian Franco Benzi, dirigente Cgil; Marco Bersani , Attac Italia; Massimo Brancato, segr. gen. Fiom Napoli; Giuseppe Chiarante, ARS; Susan George, presidente onorario Attac Francia; Giuliano Giuliani, Comitato Verità e Giustizia per Genova; La Karl du Pignè, drag queen; Fabrizio Nizzi , Action; Mimmo Pantaleo, segr. gen. Cgil Puglia; Bianca Pomeranzi , Rete femminista ; Carla Ravaioli , giornalista e ambientalista; Massimo Serafini, dirigente Legambiente; Ritanna Armeni, giornalista; Loris Campetti, giornalista; Sandro Curzi , cda RAI; Manuela Fraire, psicoanalista; Roberto Tesi Galapagos, giornalista; Aldo Garzia , giornalista e scrittore; Darwin Pastorin , giornalista e scrittore; Piero Sansonetti , direttore di Liberazione; Giuliana Sgrena, giornalista;
domenica 30 marzo 2008
La posta in gioco
E se non ci riuscissimo? E se non arrivassimo all'8% al Senato? Se, in altre parole, la sinistra non fosse rappresentata in maniera incidente nel prossimo parlamento, quali sarebbero le conseguenze? Quelli che hanno deciso di votare PD pur ritenendo di essere di sinistra, come Flores D'Arcais, avanzano il ragionamento che la sinistra non deve per forza essere “parlamentarista”, e che le lotte si possono condurre anche fuori da Camera e Senato; e che adesso è utile, contro Belusconi, votare PD. Ragionamento “in sintonia”, tranne che per le conclusioni elettorali, con i tanti simpatizzanti e militanti della sinistra che sono stati delusi dal governo Prodi e dalle rinunce che la sinistra ha fatto per mantenerlo in vita, dalle missioni militari all'welfare e che oggi sono orientati verso il non voto o per un voto “di protesta”. Al buon Flores D'Arcais, che spesso indossa il vestito di sinistra per coprire scelte di destra, ma anche agli incerti e ai delusi vorrei rispondere che certo, le lotte si organizzano “fuori”: nel 2001 il PRC aveva solo 3 senatori e una ridottissima pattuglia di deputati eppure era dentro un grandioso movimento che a Napoli nel marzo (governo di centro sinistra) e poi a Genova a luglio (con il governo di centro destra) ha dovuto fronteggiare una repressione di stampo fascista, gestita prima dagli amici di Veltroni (che oggi fa finta di scandalizzarsi rispetto ai massacri e alle torture) e poi da quelli di Berlusconi. Ma, appunto: se in quell'epoca la sinistra avesse avuto più forza parlamentare forse si sarebbe potuto intervenire preliminarmente, forse avremmo potuto contrastare l'impostazione “cilena” dell'ordine pubblico, forse Carlo Giuliani non sarebbe stato assassinato e probabilmente avremmo evitato la macelleria “messicana” di Bolzaneto.
Le lotte non possono che essere “esterne” alle istituzioni: ma non è indifferente se a difenderle restano pochissimi parlamentari, che al massimo riescono ad utilizzare le aule come tribuna di denuncia, oppure se vi è una massa critica che può incidere sulle scelte che si compiono.
Il punto è proprio questo: le due maggiori coalizioni hanno in comune l'idea di una politica a senso unico, in cui non vi sia più la “lotta di classe”, termine che fa inorridire insieme Veltroni e Berlusconi, e che preservi il primato del mercato, che in 25 anni ha capovolto l'Italia: se, infatti alla fine degli anni '70, grazie proprio alla “lotta di classe” stavamo tutti meglio, i salari erano tra i più alti d'Europa e i profitti tra i più bassi (anche se ai padroni il piatto a tavola non mancava mai...), adesso è esattamente il contrario. Entrambi, PD e PDL, vogliono evitare che si metta mano al cuore del problema italiano, appunto i salari e le pensioni, il precariato e la disoccupazione, con l'unica ricetta praticabile, cioè una politica fiscale forte e coraggiosa che finalmente attacchi i privilegi delle classi ricche e dominanti togliendo di più a chi ha di più (grande impresa, banche, speculazione finanziaria) e che in questi anni si è arricchito a dismisura e restituendo a chi invece ha meno o addirittura niente (lavoratori, pensionati, disoccupati) ed in questi anni ha perso potere d'acquisto; entrambi, PD e PDL, voglio espellere definitivamente i conflitti sociali dalla politica e hanno in testa il modello americano, in cui queste questioni semplicemente non vengono rappresentate e non hanno sbocco.
Per realizzare questo modello lor signori hanno bisogno subito di evitare proprio la rappresentanza della sinistra, in particolare al Senato, ramo del parlamento in cui, secondo questa legge incredibile, lo sbarramento per le “coalizioni a lista unica” è all'8% su base regionale e senza recupero dei voti: se la Sinistra l'Arcobaleno non dovesse farcela, PD e PDL non avrebbero alcun ostacolo per cambiare la Costituzione senza neanche la necessità del referendum confermativo. E non è un mistero la direzione che prenderebbero le cosiddette riforme.
l tentativo messo in campo dal patto guelfo-liberista di PD e PDL all'ombra di un Vaticano integralista e anti-conciliare e di una Confindustria liberista sul lavoro e protezionista sulle merci é potentemente sostenuto dai grandi mass media privati e pubblici, che con la esclusione sistematica del punto di vista della sinistra, stanno sperimentando vere e proprie “prove tecniche di regime”: per rintuzzarlo abbiamo poco tempo e poche risorse, meno di due settimane, e spazio solo nei mezzi di informazione liberi e indipendenti che per fortuna esistono e che ci ospitano. Non bastano, naturalmente: sono necessarie più iniziative, più manifesti, più volantini; bisogna “accendere la campagna elettorale”, smetterla con le discussioni ripetitive, e partecipare, andare casa per casa, nelle piazze, nei bar, nei luoghi di lavoro, dappertutto a spiegare che l'inciucio PD-PDL non solo è detestabile ma è anche direttamente contro gli interessi dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati, delle donne, delle comunità in lotta, perché appunto vuole togliere definitivamente la società dalla politica.
La posta in gioco, insomma, non è un senatore in più o in meno: è in gioco la possibilità di contrastare il progetto di sterilizzazione politica del conflitto sociale. Non riguarda dunque solo la sinistra, ma l'intera società del lavoro, il nostro livello di civiltà, la democrazia che rischia di diventare definitivamente un simulacro. Non possiamo “lasciarci andare”: è una battaglia decisiva e la dobbiamo fare fino in fondo.
(*) Giosué Bove, segretario della federazione provinciale di Caserta del partito della rifondazione comunista
venerdì 21 marzo 2008
La crisi agricola e ambientale della provincia di Caserta
E’ sotto gli occhi di tutti la grave crisi agricola che sta investendo le aziende casertane e i prodotti leader di questo comparto, a partire dalla mozzarella di bufala. Alla crisi che è produttiva, di commercializzazione e finanziario/bancaria fa da contraltare il fatto che i consumatori trovano sui mercati questi prodotti a costi esorbitanti. Alla fine sono penalizzate contemporaneamente le imprese agricole e gli acquirenti finali. Dove va a finire il “valore aggiunto”, cioè lo scarto tra i 5 centesimi pagati ai contadini per un mazzo d’insalata e i 2,5 euro che pagano i consumatori? Va a finire nell’infinita serie di passaggi che queste merci fanno per arrivare sulle nostre tavole. Il danno è doppio. Da un lato le imprese agricole, che hanno fatto investimenti notevoli per ammodernare le proprie aziende esponendole sul piano finanziario alle banche che oggi presentano il conto e attivano i procedimenti esecutivi di sequestro (vedi lo sciopero della fame che ha visto impegnati alcuni produttori agricoli, vedi gli scioperi e la disperazione dei tanti allevatori bufalini), devono svendere i loro prodotti frutto del loro sudore e di un’antica sapienza; dall’altro i consumatori vengono depauperati del loro potere d’acquisto attraverso l’abonorme aumento del costo che queste merci hanno sui banconi.
Siamo, come sempre, al paradosso che i meccanismi distorti di un mercato apparentemente libero che qualcuno vorrebbe ancora più libero, ma che libero non è, rende più poveri gli agricoltori e i consumatori (quelli a stipendio fisso che pagano le tasse e non riescono ad arrivare alla fine del mese) e arricchisce speculatori, commercianti disonesti, trasportatori (che inquinano), banche che sono agevolati direttamente o indirettamente dal fisco. Siamo alla metafora del Robin Wood all’incontrario, si toglie ai più poveri e si da ai più ricchi (che pagano poco e non pagono affatto le tasse).
Il governo Prodi ha tentato, sotto la forte spinta delle forze della Sinistra Arcobaleno, purtroppo timidamente di mettervi riparo, ma si sa come sono andate le cose. Quella strana zona grigia al “centro” che cura interessi che guarda caso vincono sempre, qualunque schieramento vinca le elezioni, nel timore che bisognava finalmente dare respiro ai salari e agli stipendi per restituire il maltolto (strano che le politiche di riequilibrio e di distribuzione della ricchezza debbano arrivare sempre nel secondo tempo che, peraltro, non arriva mai), fanno cadere il governo per condizionare e subordinare gli aumenti legittimi alla maggiore produttività (si defiscalizzano solo gli straordinari).
Naturalmente le imprese agricole casertane pagano anche il conto della grave crisi ambientale e dei rifiuti della nostra provincia che stenta ancora ad essere risolta. Questa grave crisi che riguarda quasi il 16% della ricchezza prodotta in Terra di Lavoro dovrebbe essere affrontata con una determinazione pari a quella del dopoguerra mentre assistiamo a politiche da pannicelli caldi assolutamente inadeguati.
Allora che fare?
Al di là delle discussioni sui massimi sistemi che presupporrebbero una politica “forte” e fortemente impegnata, una piccola concreta idea può venire dai GAS (Gruppi di acquisto solidali). La Sinistra, L’Arcobaleno li ha proposti nel proprio programma. Ci sono gruppi di cittadini/consumatori che acquistano direttamente presso le aziende agricole, avendole visitate e quindi conoscendo in loco i prodotti, generalmente autoctoni e tipici, ottimizzando la domanda e l’offerta e calmierando i prezzi. Ce ne sono diversi che funzionano davvero bene, anche in provincia di Caserta. In questo modo abbiamo la quadratura del cerchio ed si attiva un processo virtuoso.
Gli agricoltori vendono ad un prezzo equo ma remunerativo; i consumatori acquistano a costi equi e hanno prodotti freschi che si sa da dove vengono e non hanno fatto il giro del mondo per arrivare sulle proprie tavole; non si da spazio agli speculatori; non si inquina l’aria con gli scarichi dei camion che vanno su e giù per l’Italia a portare i peperoni prodotti a Francolise in Piemonte per riportarli come peperoni tipici di Carmagnola sui banchi del Centro commerciale di turno. In questo modo non aumenta il PIL (prodotto interno lordo), ma siamo tutti più felici.
Questo, ancora una volta, fa riferimento ad un diverso modello di sviluppo e ad una diversa costruzione della società.
Chi ha visto la trasmissione televisiva “Report” domenica sera ha capito che è il momento di scegliere tra chi persegue un modello che arrichisce i pochi a danno dei molti e, pur di aumentare il PIL è disposto a passare sulla testa degli esseri umani, rovinando in modo irreversibile l’ambiente, e chi vuole difendere gli interessi dei tanti e della terra che ci è stata lasciata in prestito dai nostri padri e che abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli.
Votare è una scelta. Scegliere bene è un investimento per il futuro.
domenica 16 marzo 2008
Ho deciso di non sprecare il mio voto
Nel lontano 1976 decisi di iscrivermi al PCI. Provenivo da un a famiglia democristiana; alcuni miei parenti rivestivano in quel partito ruoli di prestigio. Considerata la mia posizione familiare sarebbe stato naturale per me scegliere una militanza politica nella DC; ne avrei ricavato potere ed onori. Scelsi invece il Partito dei lavoratori, il Partito della sinistra, e lo feci sulla base della mia formazione cristiana ( sì proprio cristiana) ,che mi aveva insegnato i valori della solidarietà e dell’attenzione verso chi era meno fortunato di me, in una società che guarda al profitto e al mercato come unica legge , e che considera i poveri ed emarginati come un danno collaterale inevitabile e immodificabile ; volevo stare dalla parte dei più deboli, non volevo arrendermi all’idea che il sistema socio politico ed economico occidentale fosse l’unico mondo possibile.
Quel Partito cui avevo aderito per i motivi ideali suddetti, dopo la caduta del muro di Berlino, con lo sfacelo del mondo del Comunismo reale, ha subito una metamorfosi sempre più profonda in un percorso che fino ad oggi ho condiviso, convinto anche io, come molti altri, della necessità di una revisione delle analisi e dei programmi, che tenessero conto delle novità del 3° millennio, ma mai dimenticando l’ obiettivo di fondo della difesa dei diritti e della dignità delle classi più deboli della società.
La nascita del PD ha determinato però una trasformazione troppo radicale di quel partito, spostandolo su posizioni di centro moderato, con una sorte di neo interclassismo di democristiana memoria, che rischia di porre ai margini del dibattito e delle scelte politiche gli interessi di quella parte svantaggiata della nostra società, che rappresenta di certo una minoranza della popolazione , ma non per questo ,ritengo, va dimenticata e lasciata ai margini.
Come ha di recente detto il Presidente Bertinotti, anche io VOGLIO CONTINUARE AD ESSERE DI PARTE, di quella parte che non riesce ad arrivare a fine mese, di quei giovani con lavoro precario, pensionati con 450 euro mensili, ricercatori senza futuro degno della loro preparazione, ecc. ecc. Per questi motivi ho deciso di aderire e votare la SINISTRA L’ARCOBALENO , per continuare a difendere le categorie deboli di questo Paese, e per evitare una definitiva deriva moderata dello stesso PD, con un bipartitismo imperante in un processo di americanizzazione del quadro politico, che, alla fine , renderebbe indistinguibili i due schieramenti in campo.
Ho deciso di non sprecare il mio voto , dando il consenso a partiti simili fra loro, ma di dare un voto utile, utile affinché la voce dei pensionati, dei giovani, delle donne, degli emarginati, ecc. ecc. possa ancora trovare spazio in Parlamento.
Una ultima osservazione sui conflitti di classe. Veltroni ha più volte dichiarato in questi giorni che la lotta di classe è categoria del passato, e che oggi bisogna lavorare per una alleanza dei produttori che veda insieme industriali ed operai. A parte che è un po’ difficile mettere sullo stesso piano chi sullo stesso piano non lo è oggettivamente , ma se vi è o no conflitto , lo si può verificare considerando quanto è successo in queste settimane su un tema caro al nostro Presidente Napolitano, la sicurezza sui luoghi di lavoro; il Governo Prodi ha provato ad emanare norme per una maggiore tutela dei lavoratori e si è trovato immediatamente contro le organizzazioni padronali, che considerano quelle norme (la sicurezza) troppo dispendiose: alla faccia della fine dei conflitti di classe !!!.
sabato 15 marzo 2008
Gli incubi di Confindustria e i nostri sogni.
Luigi Roca, operaio di un’altra azienda del gruppo Thyssenkrupp, la Berco di Rocca Canadese, è morto suicida per mancanza di lavoro, cioè di lavoro interinale che l’azienda non gli ha confermato. A 37 anni, significava restare sulla strada, con moglie e figli. Con il lavoro, ha scritto, “ho perso la dignità”. Lavorare stanca. Ma stanca anche vivere nella precarietà, nelle incertezze quotidiane; stanca non farcela ogni mese, con l'affitto o magari il mutuo, i conti che non tornano, i prezzi che non scendono. E tu che pensi di leggere in ogni sguardo che incroci la compassione o il disprezzo.
Luigi si è impiccato, lasciando alla moglie e ai suoi due bambini solo un piccolo pezzo di carta. La sua disperazione, secondo la “politica che conta” è un fatto privato, la conseguenza di una depressione, un gesto tragico su cui non si “deve fare politica”. E così la politica, colpevole di permettere l'altalena terribile dell'impiego a termine, a chiamata, a ore, si tira fuori dalle conseguenze delle sue scelte. Luigi ha fatto un gesto estremo, certo, il più radicale possibile. Ma quella sua disperazione, quella sua fatica di vivere è la stessa di milioni di lavoratrici e lavoratori in Italia. E rischia di essere espunta, cacciata fuori, dalla politica, definitivamente: negli USA, per esempio, gli homeless, che hanno avuto la casa pignorata, requisita dalle banche e poi venduta all'asta, si stanno organizzando e stanno rioccupando le case. Pur essendo fortemente “radicali” quelle lotte non hanno però rappresentanza politica. Ridotte a “riot”, improvvise sommosse, anche molto violente, si spengono rapidamente, senza conquistare risultati durevoli.
Ecco quello che vogliono fare in Italia: tutta la strategia messa in campo dal duopolio PD-PDL è tesa esattamente ad americanizzare la politica ed il conflitto e ad impedire la rappresentanza autonoma del mondo del lavoro. Non è casuale, del resto, l'attenzione ossessiva dei giornali di Confindustria in merito all'andamento dei consensi verso la Sinistra l'Arcobaleno. In un primo momento evidenziarono che la sinistra, dal 12,5%, rilevato prima della caduta del governo Prodi, era passata al 5,6% della seconda decade di febbraio, e resero omaggio al Partito Democratico e al decisionismo di Veltroni, per aver contemporaneamente sdoganato il centro destra, assumendone sostanzialmente le ricette neo-liberiste e messo fuori gioco la sinistra “radicale” con il “discorso sul voto utile”. In un secondo momento, di fronte alla “ripresa” dei consensi alla Sinistra l'Arcobaleno negli ultimi 10 giorni di febbraio (dal 5,6% al 7,5%), gli stessi giornali hanno espresso “grande preoccupazione” e a più riprese denunciato il nuovo raggruppamento della sinistra come il “vero pericolo”, sostenendo che “solo se questo nuovo soggetto sarà ridotto a una forza testimoniale e non incidente” allora le ricette unitarie di Ichino, Colaninno, Calearo (tanti nel PD) e Brunetta (PDL) su articolo 18, detassazione degli straordinari, ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro potranno davvero andare avanti.
Forse non meritiamo pienamente questo onore, ma al di là dei nostri limiti sta di fatto che per Confindustria siamo l'unico “pericolo” e il padronato sarà molto attento proprio al risultato de La Sinistra l'Arcobaleno. Dove guarderanno loro, facendo gli scongiuri, è davvero “utile” che guardi anche il popolo del lavoro, con auspici opposti. Se avremo consensi tali da consentire l'esistenza in Italia della sinistra, potremo davvero far vivere a Confindustria il suo incubo peggiore: una politica in sintonia con il riaccendersi delle lotte e del conflitto sociale, che si contrappone alla rapina del profitto e della rendita e che impone con la lotta, nelle piazze e nelle aule parlamentari, di restituire valore, reddito, sicurezza, qualità, vita, al lavoro. Più utile di così...
martedì 11 marzo 2008
Il lavoro precario visto con gli occhi delle donne
Giovedì 6 marzo, presso la sede dell’associazione Melagrana Onlus di Santa Maria a Vico, si è svolto il secondo incontro previsto dal convegno Donne nel Terzo Millennio, organizzato dalla stessa associazione con il patrocinio della Provincia di Caserta ed il Comune di Santa Maria a Vico, dedicato al "lavoro precario visto con gli occhi delle donne". Gli interventi della sottosegretaria al Ministero del Lavoro, D.ssa Nardi, dell’Assessore Provinciale al Lavoro, Enrico Milani e dell’assessora provinciale all’ambiente Maria Carmela Caiola hanno dato subito un tono preciso alla discussione. Le parole che si dedicano alla donna che lavora o che si affaccia al mondo del lavoro assumono qualche volta un significato più denso di verità e un po’ meno retorico. E Giovedì 6 questo è successo. Un vero peccato che nella piccola sala fossero presenti ben poche donne e, tra l’altro, volti noti da sempre per il loro impegno e pensiero.
La dottoressa Nardi, tracciando un parallelo tra le carriere di un uomo e di una donna, è riuscita a raccogliere quasi tutti i nodi dell’attuale condizione femminile dando un senso preciso alle cifre che vengono spesso enumerate in queste occasioni: uguale o migliore grado di istruzione tra i due generi, uguale se non maggiore impegno nelle professione per le donne rispetto all’uomo, presenza femminile sempre più marcata anche in quelle carriere storicamente avamposto maschile eppure.. eppure le donne che lavorano sono meno degli uomini, guadagnano meno degli uomini, fanno carriera più lentamente. Cosa succede a questa lanciatissima donna? Ella si ferma, semplicemente si ferma e decide o meglio desidera o meglio le capita di volere un figlio e allora, improvvisamente, le due rette di vita fin qui parallele, si dividono e la donna resta indietro. Si potrà dire (e si dice): ha fatto una scelta. Certo. Ma quanti uomini sono costretti a scegliere quando fanno un progetto così importante? Si potrà dire (e si dice): ma la donna incinta e poi la mamma stabilisce con il figlio un rapporto forte, esclusivo. Certo. Ma quanti padri vorrebbero vivere più intensamente la loro paternità e non lo fanno per ritegno di un ruolo che agli occhi della società appare privo di valore?
Ed è questo il punto: quel periodo della nostra vita che dedichiamo ai nostri figli ha un valore enorme per la società tutta. Invece, quel desiderio, quel bisogno, finiscono per tagliare le gambe alle donne ed il mondo del lavoro perde un pezzo importantissimo di quella sensibilità ed intelligenza di cui l’altra metà del cielo è così ricca. Eppure un altro mondo è possibile.
La società si interroga sui guasti prodotti dal consumismo sfrenato, dalla corsa ai profitti, dalla globalizzazione che ha inferocito il mondo del lavoro e della produzione. Bisogna concentrare gli sforzi i nella ricerca di nuove economie che abbiano anche a cuore le persone, l’ambiente, i patrimoni artistici e culturali del mondo intero. Pensiamo, per le donne, ma per tutti: la ricerca scientifica, le energie alternative, la cura dei siti archeologici o monumentali, l’agricoltura biologica, l’allevamento non intensivo... La nota più triste del convegno, quella che ci ha portato con la mente e con il cuore laddove muoiono uomini e donne, deve condurci a rivendicare quel mondo diverso e possibile. Forse ci vuole un coraggio antico. Quello dei nostri nonni, o bisnonni, che lavoravano e vivevano in condizioni di estremo disagio e povertà ed ebbero la forza, comunque, di lottare per i loro diritti. Non ricordare il loro sacrificio, lasciare che tutto scorra, consentire ad alcuni di arricchire ed altri di morire di lavoro e’ un tradimento grande. Il più grande.
sabato 8 marzo 2008
Tre buone ragioni per votare la Sinistra l'Arcobaleno
di Giosuè Bove
uno
I giornali di Confindustria in queste ultime settimane hanno rivolto particolari attenzione all'andamento dei consensi verso la Sinistra l'Arcobaleno.
In un primo momento per evidenziare che dal 12,5% rilevato prima della caduta del governo Prodi si era passati al 5,6% del sondaggio pubblicato su Repubblica e relativo alla seconda decade di febbraio. Con un plauso al Partito Democratico e al decisionismo di Veltroni , che aveva avuto il merito contemporaneamente di sdoganare il centro destra, di assumere la sostanza delle ricette del neo-liberismo nostrano (dimostrandosi in qualche caso più coerenti dello stesso centro destra, nel quale sopravvivono idee protezioniste, come quelle della Lega, o addirittura keynesiane, come quelle di Tremonti) e soprattutto, con il ragionamento sul voto utile, di mettere fuori gioco la sinistra “radicale”.
In un secondo momento per sottolineare il rischio che veniva dalla successiva crescita di consenso a La Sinistra l'Arcobaleno registrato negli ultimi 10 giorni di febbraio (dal 5,6% al 7,5%). Una crescita “preoccupante” soprattuto se messa in relazione con le prospettive della crisi economica internazionale e del riaccendersi del conflitto sociale.
Negli USA gli homeless, coloro che hanno avuto la casa pignorata, requisita dalle banche e poi venduta all'asta, si stanno organizzando e stanno rioccupando le case, non sulla base di astratti ragionamenti legalitari, ma sulla base del proprio materiale e immediato interesse. Ma in nord america queste lotte non hanno partiti politici che le possono rappresentare, e dunque pur se estremamente radicali, sono costrette nell'ambito esterno alla politica e generalmente vengono schiacciate e non ottengono risultati. In Italia cosa succederebbe se dovesse giungere una crisi con quelle caratteristiche?
Molto dipenderà dal rapporto tra le classi, o per dirla con gli eufemismi che oggi vanno di moda, dai rapporti tra il mondo delle imprese ed il mondo del lavoro dipendente.
Alle elezioni il padronato, sembrano dire i giornali di Confindustria, guarderà esattamente al simbolo de La Sinistra l'Arcobaleno: se questo nuovo soggetto politico sarà ridotto a una forza testimoniale e non incidente (sotto l'8%, considerando il sistema elettorale vigente) allora si potrà usare il “pugno di ferro”. Altrimenti c'è da ragionarci sopra. Se la sinistra sarà debole, le ricette unitarie di Ichino, Colaninno, Calearo (tanti nel PD) e Brunetta (PDL) su articolo 18, detassazione degli straordinari, ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro andranno avanti. Se la sinistra, al contrario, sarà forte, ci saranno maggiori rischi per le politiche economiche propugnate da Confindustria e recepite da PD e PDL..
Al di là dei nostri limiti, delle nostre confusioni, dei nostri pasticci e pur non meritandolo pienamente, per Confindustria siamo l'unico voto pericoloso. E se è così la proprietà inversa di questa affermazione è che per i lavoratori dipendenti siamo l'unico voto utile. Non il PDL, non la destra; non il PD, non i centristi. Siamo noi l'unico voto pericoloso per i padroni, siamo noi l'unico voto utile per i lavoratori. Del resto è successo così in Germania dove Die Linke, che può essere considerato più o meno il corrispondente tedesco de la Sinistra l'Arcobaleno, in questi anni è riuscita a condizionare il quadro politico e, in sintonia con le lotte sociali, a frenare e bloccare diversi tentativi del padronato di tentare l'affondo alle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti.
due
Ancora sul Sole 24 Ore del 26/02/2008 e del 02/03/2008 il professore Roberto D’Alimonte ha pubblicato due articoli nei quali spiega che, cifre alla mano, c’è una significativa probabilità che venga fuori un “Senato zoppo”. Scrive: “ In sintesi, la presenza di diverse liste fuori dai due poli principali, Pd-Idv e Pdl-Lega, cambia la natura della competizione mettendo ancor più a rischio il conseguimento di una vera maggioranza al Senato ”. Questo accade perché “ il risultato finale non dipende solo da quante regioni si vincono ma anche da come si perde nelle regioni in cui vincono gli altri ”. Berlusconi e Veltroni lo sanno e per questo un giorno si e uno no parlano di possibili larghe intese o grandi coalizioni dopo il voto. Ciò accadrebbe anche se il PD non riuscisse a guadagnare altri voti dagli indecisi e dipende dal fatto che il Pdl non ha più con sé il centro (UDC e Rosa Bianca).
D’Alimonte aggiunge che “ il vero rischio per il Cavaliere viene paradossalmente dalla Sinistra Arcobaleno ”, perché dove vincerà il PD il Popolo delle Libertà dovrà spartirsi il rimanente 45% dei seggi con la Sinistra e le altre forze che supereranno lo sbarramento.
Di nuovo la proprietà inversa: se il vero rischio per il Cavaliere è (immeritatamente, forse) la Sinistra l'Arcobaleno, per precari, disoccupati, lavoratori, pensionati, donne il voto alla Sinistra l'Arcobaleno è l'unico voto utile: superando la soglia dell'8% si indebolisce Berlusconi al Senato e diventa possibile non solo impedire il grande inciucio PD-PDL, con uno spostamento del quadro politico a destra, ma anche fronteggiare con efficacia l'attacco delle destre e del padronato alle condizioni di vita del mondo del lavoro.
tre
Il PD non è un partito “socialdemocratico” non perché non vuole esserlo, ma perché non può esserlo. Di fronte alla ricomposizione in basso della classe, il riformismo classico, quello che ha la testa rivolta verso la classe ma i piedi posati dentro il sistema capitalistico, non aveva già da tempo più spazio. E' costretto, anche suo malgrado, a declinare il verbo del liberismo e a sottomettersi anche formalmente alla grande borghesia. Questo processo, arrivato a piena maturazione, ha prodotto anche il suo passaggio formale con la nascita del PD.
Non si può essere "socialdemocratici" innanzitutto perché c'è una impossibilità a redistribuire le briciole dei profitti e a integrare nel sistema pezzi consistenti delle classi subalterne. Oggi anche la rivendicazione salariale è "immediatamente" politica, perché mette in discussione il meccanismo della accumulazione generale. C'è da dire che proprio questa situazione rende improponibile anche l'interclassismo "buonista" inizialmente agitato da Veltroni e quella via "americana" basata sulla integrazione di alcuni e sulla esclusione totale di altri, modello che sta alle corde negli stessi USA in conseguenza della crisi economica. Sempre più il PD sarà costretto dai fatti a mettere l'accento sulla esclusione. E i prodromi si sono visti dall'entusiasmo "democratico" sul pacchetto sicurezza, che è il primo e più caratterizzante progetto di legge del loro programma. Del resto se si parla tanto, soprattutto nelle cupole dei poteri forti, della necessità della "grande coalizione" è proprio perché c'è timore che la dinamica della crisi costruisca le condizioni per un nuovo ciclo di lotte generali, in Italia e in Europa. E che, dunque, bisognerà blindare i governi ed avere il "pugno forte", meglio se "coperto" dalla dizione "democratico".
Non si può essere "socialdemocratici" perché non c'è spazio sufficiente per la mediazione tra gli interessi senza mettere in discussione pezzi rilevanti della logica del sistema: la valorizzazione del capitale, come processo economico e sociale dipende sempre più dal sistema complessivo (infrastrutture, formazione, ricerca, sanità) che dalle ore immediatamente regalate dall'operaio al padrone; ed anzi lo sfruttamento non si limita all'orario di lavoro ma pervade i tempi di vita, gli affetti, i corpi, i territori, il consumo diretto dell'ambiente. Lo schiacciamento verso il basso delle condizioni economiche di tutti i settori del lavoro dipendente e la precarietà divenuta dimensione non più solo lavorativa ma pienamente esistenziale della grande parte della popolazione, sono oggi caratteristiche essenziali di un processo di proletarizzazione (non vi sono termini altrettanto efficaci per dirlo) e di polarizzazione sociale.
E così è saltato lo schema delle due sinistre, quella riformista-socialdemocratica e quella alternativa-radicale. La prima ha anche formalmente cessato di esistere. E però il “proletariato”, questo "nuova classe operaia", fatta di precari, pensionati, operai, impiegati, tecnici, insegnanti, medici precari, giovani, studenti, disoccupati, declinata sempre più (e molto più di prima) al femminile, aggregata sempre meno dalla fabbrica e sempre più dal territorio, dalle “lotte di comunità” e potenzialmente alleata del piccolo e piccolissimo lavoro autonomo, commerciale e artigianale, sempre più simile al lavoro dipendente, ma anche delle sempre più indebitate piccole imprese agricole, è una "classe plurale" comunque davvero orfana di un partito socialdemocratico.
Se la Sinistra l'Arcobaleno non sarà residuale, potrà provare a “supplire” all'assenza e a permettere "l'elaborazione del lutto". Per farlo deve avere una trama chiara, con orizzonti definiti. Deve mettere a valore un patrimonio di forza che nonostante tutto è vivo e che nel mese di ottobre ha attraversato quei 10 giorni, dal 10 al 20 che hanno visto di nuovo un protagonismo di massa e di piazza, dal referendum sull'welfare alla grande manifestazione di Roma. Deve diventare una rete di "sinistra", rinnovando il progetto della liberazione della persona umana, e "di parte", costruendo un legame reale e strutturato (con canali formalizzati di comunicazione e di decisione) con gli interessi del mondo del lavoro e delle comunità in lotta. E deve avere un profilo di massa, potenzialmente maggioritario nel mondo che intende rappresentare. Deve offrire sulle questioni decisive un punto di vista ed una forza in grado di portarlo avanti. Nel processo generale questa sinistra deve dare il suo contributo in positivo con lezioni di costume, creatività organizzativa, profondità culturale, autorevolezza propositiva: le nuove armi della critica sono queste. E alzare il tiro è l'unico modo per cogliere il bersaglio.
Il voto a la Sinistra l'Arcobaleno è, insomma, un investimento decisivo sul futuro: può essere il punto di partenza di una soggettività politica con l'ambizione maggioritaria di rappresentare il nuovo “blocco storico”. Certo, a condizione che si potenzi la possibilità di declinare i diversi linguaggi che la composizione sociale propone; a condizione, insomma, che il percorso unitario non diventi una prigione per le diverse identità e linee di ricerca e non si pretendano unificazioni e scioglimenti, riproponendo in sostanza una forma partito tradizionale, sebbene a base più ampia; a condizione, infine, che nel percorso a venire, i “canali strutturati” con il mondo del lavoro e del non lavoro e con le lotte di comunità non siano solo una formalità, o, per dirla in altri termini, che tornino ad essere protagonisti delle decisioni politiche i soggetti sociali e che si passi da una democrazia dei rappresentanti ad una democrazia dei rappresentati;
Il voto e la partecipazione alla discussione ed al percorso unitario de La Sinistra l'Arcobaleno è oggi decisiva. Senza rinunciare alla propria autonomia e nemmeno alla propria posizione critica: anzi rilanciando la battaglia politica sui contenuti. Non mi riferisco solo ai temi programmatici, ma anche alle scelte concrete in termini di candidature eleggibili. E' evidente la sofferenza, soprattutto nel Mezzogiorno: poche donne, pochi lavoratori nelle posizioni utili. Scelte che certo non ci aiutano e che dimostrano come il cammino sia ancora lungo, tortuoso e difficile. Ciò nonostante il voto a la Sinistra l'Arcobaleno è l'unico vero “rischio” per Confindustria e per Berlusconi: il purismo minoritario, che merita tutto il rispetto per il forte carico etico e politico, non ha in questa fase la possibilità di intercettare una dimensione tale da essere incidente. E' necessario, all'opposto, un fronte ampio, con una impostazione maggioritaria ed una "lotta di lunga durata".
Abbiamo un grande lavoro da fare: davanti alle fabbriche, nelle piazze, nelle università, nei luoghi del lavoro diffuso, nei bar e nelle case, riscoprendo i comizi ed il porta a porta. Per farlo abbiamo bisogno di tutti. La situazione è difficile e si misurano oggi i livelli reali di dirigenza e di militanza, le possibilità della innovazione. Da questa difficoltà può nascere, però, la grande opportunità di una rappresentanza autonoma della sinistra.
Il programma de "la Sinistra l'Arcobaleno"
Scarica il programma completo della Sinistra Arcobaleno!
1. Dignità e diritti nel lavoro: la sicurezza
Ogni giorno in Italia muoiono in media 4 persone mentre lavorano. Grazie a una legge voluta dal Governo Berlusconi si può lavorare anche 13 o 14 ore al giorno e spesso per lavorare occorre rinunciare ai propri diritti. Siamo arrivati al paradosso che il lavoro è pagato a prezzi orientali e le merci così prodotte vengono vendute a prezzi occidentali.
La Sinistra l’Arcobaleno propone: una legge che fissi la durata massima del lavoro giornaliero in 8 ore e in 2 ore la durata massima degli straordinari; l’immediata approvazione dei decreti attuativi del Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro e quindi più controlli e più certezza e severità delle pene per le imprese che trasgrediscono le norme.
2. Dignità e diritti nel lavoro: lotta alla precarietà
I lavoratori e le lavoratrici precarie nel nostro Paese sono oltre 4 milioni. È precarietà di vita, non solo di lavoro. La Sinistra l’Arcobaleno propone di superare la legge 30 e di affermare il contratto a tempo pieno e indeterminato come forma ordinaria del rapporto di lavoro; di rafforzare la tutela dell’articolo 18 contro i licenziamenti ingiustificati; di cancellare dall’ordinamento le forme di lavoro co.co.co, co.co.pro e le false partite IVA.
3. Dignità e diritti nel lavoro: salari, fisco e redistribuzione del reddito
Nel 2003 ai lavoratori toccava il 48,9% del reddito prodotto nel Paese, nel 1972 era il 59,2%. Oggi la quota dei redditi da lavoro dipendente è ulteriormente diminuita. Secondo i dati della Banca d’Italia, dal 2000 al 2006 prezzi e tariffe sono notevolmente aumentati e i salari sono rimasti invariati. La Sinistra l’Arcobaleno vuole fissare per legge il salario orario minimo per garantire una retribuzione mensile netta di almeno 1000 euro; propone un meccanismo di recupero automatico annuale dell’inflazione reale; propone di elevare le detrazioni fiscali per i lavoratori dipendenti. La Sinistra l’Arcobaleno vuole introdurre, come avviene in tutta Europa, un reddito sociale per i giovani in cerca di occupazione e per i disoccupati di lungo periodo, costituito da erogazioni monetarie e da un pacchetto di beni e servizi. La Sinistra l’Arcobaleno propone di diminuire il prelievo fiscale per i redditi più bassi portandoli dal 23 al 20%, contemporaneamente di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie al 20%, di redistribuire il reddito ai lavoratori e alle lavoratrici attuando immediatamente quanto previsto dalla Finanziaria di quest’anno, che destina loro tutto l’extragettito maturato.
4. Laicità: lo spazio di libertà per tutti
Nei Paesi europei più avanzati, e non solo in Europa, i fondamentali diritti della persona sono tutelati e garantiti da una legislazione che ne salvaguarda la sfera personale, nel rispetto della libertà di scelta di ciascuna e di ciascuno. Da noi non è così. La Sinistra l’Arcobaleno afferma l’uguaglianza sostanziale dei diritti delle persone omosessuali e propone il riconoscimento pubblico delle unioni civili. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene che ognuna e ognuno abbia il diritto di decidere del proprio corpo e della propria vita e propone una legge sul testamento biologico.
5. Libertà e autodeterminazione femminile
Nemmeno negli anni ’70 l’attacco alla libertà delle donne è stato tanto feroce; addirittura c’è chi propone una moratoria contro l’aborto chiamando “assassine” le donne. La Sinistra l’Arcobaleno propone interventi affinché la legge 194 sia applicata estendendo in tutto il Paese la rete dei consultori e introducendo in via definitiva la pillola RU 486 come tecnica non chirurgica di intervento che può essere scelta dalle donne; una nuova legge sulla fecondazione assistita per eliminare gli ingiusti divieti della legge 40, lesivi della libertà di scelta delle donne e del diritto costituzionale alla tutela della salute; una norma che persegua tutte le forme di discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
6. La pace, il disarmo
L’Italia è al 32° posto per la ricerca scientifica e al 7° posto nella classifica mondiale delle spese in armamenti. Con i soldi spesi per comprare un solo caccia Euro Fighter si potrebbero costruire 100 asili. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene che vada pienamente attuato l’art. 11 della Costituzione. L’Italia non deve più partecipare a missioni al di fuori del comando politico e militare delle Nazioni Unite. Vanno tagliate le spese per gli armamenti ed avviata la riconversione dell’industria bellica applicando la legge 185. Vogliamo una legge per la messa al bando delle armi nucleari dal nostro Paese. Siamo contrari alla costruzione della nuova base militare a Vicenza ed è necessaria una Conferenza nazionale sulle servitù militari per rimettere in discussione tutte le basi della guerra preventiva presenti sul nostro territorio. Serve una nuova legge sulla cooperazione allo sviluppo.
7. Proteggere il pianeta: un Patto per il clima
Contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici è fondamentale per garantire una speranza di futuro all’umanità: senza adeguate misure ci saranno rischi certi per la salute e l’ambiente. La Sinistra l’Arcobaleno rifiuta il nucleare e propone che entro il 2020 si superi il 20% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e che le emissioni siano ridotte del 20%; un grande investimento pubblico in pannelli solari su tutti i tetti delle case e degli edifici pubblici. L’acqua è un bene comune e come tale deve essere pubblico. La Sinistra l’Arcobaleno propone la ripubblicizzazione dei servizi idrici, una legge quadro sul governo del suolo e l’inasprimento delle pene contro i reati ambientali e le ecomafie.
8. Le “Grandi Opere” di cui il Paese ha bisogno
Sono necessari grandi investimenti per una diversa qualità dello sviluppo e una buona occupazione. Queste sono le nostre “Grandi Opere”: messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico e da quello idrogeologico; investimenti per migliorare i servizi di trasporto per i pendolari e la mobilità nelle città con nuove metropolitane, linee tramviarie e mezzi a energia pulita. Nei prossimi 5 anni 1000 treni per i pendolari. Vanno abbandonati progetti inutili e dannosi come il Ponte sullo Stretto, il Mose a Venezia, la TAV in Val di Susa, a favore di interventi su nodi ferroviari urbani, infrastrutture ferroviarie nel Mezzogiorno e potenziamento dei valichi alpini. Investimenti sul trasporto merci su rotaia e sulle autostrade del mare. Riduzione della produzione dei rifiuti, forti investimenti nella raccolta differenziata, misure concrete per il riciclaggio, impiego delle tecnologie più moderne ed avanzate.
9. Il diritto alla salute e le politiche sociali, indice di civiltà
L’Italia destina alla spesa sociale solo il 2,7% del PIL. In Germania, ad esempio, alla spesa sociale viene destinato l’8,3%. Il fallimento e la crisi dei sistemi che hanno introdotto il mercato nella sanità sono la dimostrazione ulteriore che solo il sistema sanitario pubblico e universalistico può dare risposte al bisogno di salute. La Sinistra l’Arcobaleno propone di adeguare il fondo sanitario nazionale al livello europeo, superare definitivamente i Ticket e le liste di attesa, inserire le cure odontoiatriche nei livelli essenziali del sistema sanitario. La Sinistra l’Arcobaleno propone una legge sulla non autosufficienza finanziando un fondo nazionale per almeno 1,5 miliardi di euro, l’aumento del fondo nazionale per le politiche sociali e l’indicazione di livelli essenziali delle prestazioni per eliminare la divaricazione fra regioni ricche e povere. La Sinistra l’Arcobaleno lancia un piano di asili come cardine della rete dei servizi per le bambine e i bambini.
10. La casa è un diritto, non una merce
Dopo un ventennio di politiche di privatizzazione e deregolamentazione del mercato delle locazioni, il costo degli affitti raggiunge oggi il 50% del reddito e anche più e gli sfratti di chi non ce la fa a pagare i canoni sono diventati il 70% del totale. L’Italia spende per la politica sociale della casa un decimo dell’Europa. La Sinistra l’Arcobaleno afferma che non ci possano essere sfratti se non da casa a casa, propone un piano nazionale per l’edilizia sociale a cui destinare 1,5 miliardi di euro, che porti l’Italia al livello europeo, modificare la legge 431/98, abolendo il canale libero. Vogliamo costituire un fondo a sostegno della ricontrattazione dei mutui di chi ha acquistato la prima casa e rischia di perdere l’alloggio ed eliminare l’ICI sulla prima casa non di lusso per i redditi medio-bassi.
11. Convivenza, inclusione, cittadinanza
Gli immigrati in Italia sono quasi 4 milioni, incidono per il 6,1% sul PIL, pagano quasi 1,87 miliardi di euro di tasse. Sono lavoratrici e lavoratori indispensabili per la nostra società, ma sono esclusi dall’accesso a molti diritti. La normativa attuale impedisce l’ingresso legale nel nostro Paese, creando clandestinità e sottoponendo donne e uomini migranti ad una condizione di sfruttamento e precarietà estrema. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene indispensabile l’abolizione della legge Bossi-Fini, e l’approvazione di una nuova normativa che introduca l’ingresso per ricerca di lavoro, meccanismi di regolarizzazione permanente, il diritto di voto alle elezioni amministrative, la chiusura dei CPT, una legge sulla cittadinanza sulla base del principio dello jus soli.
12. Istruzione, formazione, università e ricerca: le vere risorse per il futuro
Gli iscritti e le iscritte alla scuola italiana di ogni ordine e grado sono 7.742.294, le risorse destinate all’istruzione e la formazione sono pari al 3,5% del PIL e non aumentano da molti anni. Nel nostro Paese gli investimenti in università e ricerca rappresentano l’1,1% del PIL contro l’1,87% dell’Europa a 25, il 2,7% degli USA, il 3,15% del Giappone. La Sinistra l’Arcobaleno ritiene la laicità della scuola pubblica fondamentale a partire dal rispetto rigoroso del principio che le scuole private sono libere, ma senza oneri a carico dello Stato. La Sinistra l’Arcobaleno propone la generalizzazione della scuola dell’infanzia, l’estensione del tempo pieno e prolungato, l’innalzamento dell’obbligo scolastico da fare nella scuola e da portare progressivamente a 18 anni; la valorizzazione del ruolo dell’insegnante come intellettuale educatore. La Sinistra l’Arcobaleno propone di aumentare l’investimento pubblico in alta formazione e ricerca, nel corso della prossima legislatura, per raggiungere la media dei paesi OCSE; di rinnovare il sistema università e ricerca, anche con il reclutamento di 3000 giovani ricercatori l’anno per i prossimi 5 anni; di estendere il diritto allo studio elevando a 20.000 euro il limite di reddito per aver diritto alla borsa di studio.
13. Tagliare i privilegi, difendere la democrazia
La questione dei costi della politica non può essere separata dalla condizione generale del Paese: crescono le diseguaglianze e crescono i privilegi. E crescono anche gli intrecci tra affari e politica a partire dalle regioni meridionali ma non solo. La Sinistra l’Arcobaleno propone la riduzione del numero di parlamentari e di consiglieri regionali. La retribuzione dei parlamentari italiani non deve essere superiore alla retribuzione media dei parlamentari degli altri Paesi europei. È necessaria una legge che sottragga ai partiti le nomine, nella Sanità come negli altri settori pubblici, che stabilisca criteri che le Amministrazioni devono rispettare per garantire l’interesse pubblico e i principi del merito.
14. Una informazione libera, pluralista, democratica
L’Italia in questi anni è stata messa più volte sotto accusa dall’Unione Europea per carenza di pluralismo nell’informazione. Secondo l’ultimo rapporto USA sulla libertà di stampa, il nostro Paese occupa il 61° posto. La Sinistra l’Arcobaleno propone l’abrogazione della “Legge Gasparri” e l’approvazione di una vera legge di sistema che imponga tetti antitrust e impedisca posizioni dominanti nelle comunicazioni e nell’industria culturale. È assolutamente indispensabile approvare una vera legge sul conflitto di interessi.
venerdì 7 marzo 2008
L’ambientalismo del “fare” e il falso mito della crescita
E’ sotto gli occhi di tutti la stortura di uno sviluppo economico che si è voluto misurare e si continua a voler misurare solo ed esclusivamente con il reddito prodotto (Prodotto Interno Lordo):
1. le auto occupano gli spazi della città e hanno reso la nostra aria irrespirabile;
2. le risorse idriche ed energetiche, con il ritmo di consumo che abbiamo, che peraltro riguarda solo una parte del mondo, sono destinate a finire;
3. i rifiuti, al di là dei problemi di smaltimento che abbiamo già oggi, sono destinati a crescere vertiginosamente; stiamo facendo la fine della città di Leonia mirabilmente descritta da Italo Calvino;
4. negli ultimi 50 anni abbiamo perso circa 300 mila specie vegetali perdendo un patrimonio di biodiversità enorme e straordinario;
5. tutto questo riguarda, in particolare, una piccola parte del mondo mentre il resto vive nella più profonda delle povertà.
Che razza di mondo abbiamo costruito? Soprattutto se a fronte di questi aspetti negativi tutti, nessuno escluso, parlano solo ed esclusivamente di una maggiore “qualità della vita”.
Eppure già Antonio Genovesi nel XVIII secolo, da Napoli, parlava di economia civile e del fatto che l’aumento oltre una certa soglia del reddito pro-capite non aumenta la felicità, né la “qualità della vita”.
Analizziamo quanto sta succedendo:
a. la capacità produttiva aumenta sempre di più;
b. non aumenta invece il numero di compratori perché la ricchezza si concentra nelle mani di pochi;
c. se il mercato non si espande numericamente e geograficamente è chiaro che deve accelerare temporalmente.
Questo avviene attraverso due meccanismi:
d. l’innovazione continua dei prodotti che rende rapidamente obsoleti quelli “vecchi”;
e. cambia la scala dei valori: l’oggetto non ha più un “valore d’uso” ma è funzionale all’apparire e assume un “valore simbolico” quindi destinato velocemente ad invecchiare.
Se queste sono le storture del nostro modello di sviluppo che ci da ricchezza (a pochi per la verità) e non “qualità della vita/felicità” è ovvio che bisogna pensare ad un modello di sviluppo diverso.
Per dirla con Pasolini dovremmo puntare al progresso più che allo sviluppo ed in ogni caso ad uno sviluppo che non abbia come parametro di valutazione solo la ricchezza prodotta (PIL).
Dobbiamo promuovere la crescita di una economia parallela incentrata sul “valore d’uso”; promuovere le attività che producono tasselli di qualità della vita anziché merci destinate al solo consumo:
- manutenzione urbana, cura del territorio;
- educazione/istruzione e cultura;
- ricerca tecnologica ad alto contenuto ambientale e industrializzazione endogena;
- riscoperta e valorizzazione intelligente, utilizzando in positivo le nuove tecnologie, dei saperi tradizionali;
- trasporti e mobilità ecocompatibile;
- aumento delle zone pedonalizzate e uso di bici, bus e auto ecologiche;
-.agricoltura di qualità come presidio ambientale del territorio.
Tutto questo è possibile se si riesce a comporre preventivamente gli interessi dei soggetti sociali, economici e produttivi che, di norma, confliggono per poi ricomporsi solo a valle di una dura competizione.
E’ ovvio che per determinare questa composizione preventiva bisogna attivare i meccanismi di partecipazione attiva e costruttiva non solo del mondo dell’offerta mossa dal motore del profitto, ma anche e soprattutto dei cittadini, singoli o associati che non possono piegarsi alle sole logiche del profitto e del “dio denaro” che tutto “consuma”.
Tutto questo si chiama sviluppo sostenibile.
Non capisco, quindi, cosa significhi “ambientalismo del fare”. Mi piacerebbe sapere se concordano le Associazioni ambientaliste: se condividono l’Alta velocità in Val di Susa (senza se e senza ma), se concordano sul Cip6, sull’energia nucleare, sui rigassificatori, sul carbone “pulito (sic!), sulla base di Vicenza, sul Ponte sullo Stretto di Messina, sulla riduzione della Valutazione Ambientale Strategica a mero sigillo e via libera a tutto. Credo che su queste cose bisognerebbe avere una Sinistra che possa dire ancora e con maggiore forze moltissimi NO!, ma molti più SI! all’economia fondata sul “valore d’uso”. Questa è la differenza tra noi ed il Partito Democratico e più ancora con il PDL. Ma un altro grade NO lo dobbiamo dire al mito di una “crescita” che fa crescere solo i profitti e non anche l’occupazione, la qualità della vita, l’istruzione, i valori umani.
”la Sinistra, l’Arcobaleno” deve contribuire, con la partecipazione attiva di tutti, alla costruzione di quelli che sono stati definiti gli “Atelier del futuro”. Veri e propri laboratori “artigianali” di idee per un futuro migliore, se possibile per noi stessi, ma soprattutto per le future generazioni, esattamente nella logica di uno sviluppo sostenibile che non distrugga la terra e che redistribuisce la ricchezza, a partire dai più poveri, dai più deboli. Questi ultimi vogliamo continuare a rappresentare.
* Segretario provinciale dei Verdi di Caserta
giovedì 6 marzo 2008
Il volantino per l'8 marzo della Sinistra l'Arcobaleno di Caserta non mi piace, non va bene. E vi spiego perché.
Fu Rosa Luxemburg a proporre, in ricordo della tragedia, la data dell'8 marzo come giornata di lotta internazionale.
E' questa per me la giornata della donna , al di là della pubblicità consumistica, capitalistica e patriarcale che questa società ci impone, fino a trasformare una giornata di memoria e di lotta in un giorno in cui si regalano cioccolatini e fiori, per festeggiare non si sa bene cosa...
Ho visto il volantino fatto dalla sinistra l'arcobaleno di Caserta per l'8 marzo e sulle tematiche femminili e, d'istinto, l'ho trovato di cattivo gusto... ma guardandolo meglio debbo dire che è ancora peggio e che noi donne siamo davvero mal rappresentate.
Uscire con un manifesto nel quale la donna è rappresentata come mamma, come un soggetto cioè che può e deve procreare ... e farlo in quel giorno, parlando, poi, in terza persona ... di come la destra ci vuole...e come ci volete VOI....beh credo che sia davvero troppo! Piuttosto dovreste riflettere sulla VOSTRA politica,.. di come è distante da ciò che la maggioranza di noi donne vive ogni giorno, del lavoro "negato" dentro la famiglia, di come va avanti il mondo grazie alla nostra generosità ...
Penso che la sinistra abbia il dovere di non trasformare questo giorno in un family-day. E almeno per una volta, abbiate pazienza... state zitti.
Venia Caramico
giovedì 28 febbraio 2008
Abbiamo scelto di essere di parte
Cara compagna, caro compagno,
Cara amica, caro amico,
Abbiamo scelto di essere di parte.
Il percorso che abbiamo avviato con La Sinistra L’Arcobaleno risponde a un bisogno diffuso, in Italia e in Europa, in cui grandi disuguaglianze sociali si accompagnano a interrogativi di fondo sul futuro individuale e collettivo di tutti noi.
Oggi sono in gioco, non solo le conquiste sociali dei lavoratori, delle donne, del movimento pacifista ed ecologista, nati dalla vittoria sul nazifascismo, ma anche il diritto al lavoro e all’auto-organizzazione per la difesa dei propri diritti.
I bassi salari, la diffusione della precarietà, l’incertezza della vita, la crisi della coesione sociale si propongono come conseguenze della ristrutturazione capitalistica mondiale.
Alla precarietà, non solo come disagio sociale, ma come condizione culturale ed esistenziale, si sommano le paure e le insicurezze dettate dalle inquietudini legate all’ambiente e al clima.
Il rischio al quale si trovano di fronte il nostro paese e l’Europa, se non si inverte la tendenza in atto, è quello di sacrificare una intera generazione, costringendola a pagare tutti i costi di una crisi profonda, nelle sue fondamenta sociali e politiche.
Inoltre, la subordinazione del sistema politico agli interessi dei mercati finanziari e dei poteri economici capitalisti, la concentrazione dei poteri, la personalizzazione della politica rimettono in discussione l’organizzazione tradizionale della società civile.
Lo stesso percorso del PD e del tentativo in atto di imporre un sistema bi-partitico, perseguito con grande determinazione dai due soggetti interessati – PD e PDL – ci parlano esattamente di questo.
Della scelta di considerare la libera impresa come un vero e proprio paradigma, un modello da seguire, per l’intera organizzazione dell’economia e della società.
In questa direzione vanno letti la rimessa in discussione dell’articolo 18, i falsi discorsi sulla meritocrazia, il rilancio di vecchie soluzioni e delle grandi opere, sotto le vesti "dell’ambientalismo del fare", per affrontare problemi come i rifiuti o l’energia. La presunta neutralità di questo paradigma tende così a sostituirsi alla politica o ad asservirla ai propri fini. La politica rischia così di essere condannata all’inutilità.
Per queste ragioni, la Sinistra, l’Arcobaleno non vuole essere sono un cartello elettorale, ma ha l’ambizione progettuale di rispondere al bisogno di politica come rappresentanza sociale in quanto tale, e allo stesso tempo come spazio pubblico nel quale ritessere rapporti e relazioni umane, in un mondo che tende a relegarci sempre più alle solitudini e alle paure, di chi non riesce più ad immaginarsi proiettato nel futuro.
E’ per questo che c’è bisogno di tutti. Ed è importante che ognuno porti con sé la propria storia, la propria umanità, la propria condizione sociale e professionale, per contribuire a individuare nuove strategie, nuove pratiche, superando anche quelle diffidenze o resistenze, o anche legittime preoccupazioni di essere chiamati a mettere da parte i propri simboli, per riconoscersi in una nuova impresa collettiva.
Non chiediamo deleghe, ma partecipazione e protagonismo, a ognuna e ognuno partendo da sé, nei luoghi di lavoro, di studio, dalle proprie condizioni di vita.
La Sinistra e L’Arcobaleno sarà importante non solo per decidere quanti compagne e compagni siederanno in parlamento, ma per far vivere un progetto politico culturale in una società in cui: i migranti e le loro storie siano considerati un valore, le donne siano davvero libere di scegliere di avere o non avere un figlio, il lavoro operaio sia socialmente riconosciuto, lo Stato sia effettivamente laico e perciò non "detti legge", ma riconosca strumenti e opportunità a ognuno e ognuna per decidere i propri affetti, la sessualità, modalità di vita
Ti chiediamo di darci una mano, di fare quello che è nelle tue possibilità per costruire la Sinistra del domani.
Domenica 2 marzo alle ore 10 cominciamo intanto ad incontrarci a Roma, all’Ambra Jovinelli, via Guglielmo Pepe, 41.
Ti aspetto. Un grande abbraccio.
Fausto Bertinotti
sabato 23 febbraio 2008
La carta programmatica de "la Sinistra l'Arcobaleno"
più diritti, più libertà, più ambiente, più solidarietà
Le forze politiche Verdi, PdCI, SD e PRC e le oltre 70 associazioni costituenti hanno voluto aggiungere al termine “sinistra” l’aggettivo/sostantivo “arcobaleno” per alludere con più forza e determinazione alla pluralità di uno spaccato significativo della società che continua a non volersi rassegnare ad un modello di sviluppo neo-liberista che crea disuguaglianze, ingiustizie sociali, violenta l’ambiente in nome di un “dio danaro” funzionale solo a pochi a scapito dei molti. Questo spaccato della società vuole una Sinistra che intende dare risposte alle esigenze e ai diritti dei soggetti sociali, contrapponendosi al pensiero unico della globalizzazione e alle conseguenti politiche escludenti fondate sull’egoismo sociale, la oppressione del più forte e la guerra, perché “un altro mondo è possibile”.
La provincia di Caserta è ancora attraversata da grandi fenomeni di degrado civile, urbano e ambientale e da inquietanti fenomeni di integrazione tra politica e criminalità e lo scontro con le destre non è una semplice battaglia programmatica, ma riguarda la stessa agibilità democratica. E' una battaglia necessaria e che dunque deve continuare, attraversando, però, il necessario e profondo chiarimento con i nostri alleati di centro sinistra ed in particolare con il PD. Questo partito ha fatto a livello nazionale la scelta unilaterale di rompere a sinistra, proprio quando nel Governo Prodi si incominciava finalmente a decidere sul risarcimento sociale; e a livello locale stenta ad assumere i connotati definitivi di partito e ad affrontare i drammatici problemi che abbiamo di fronte, a partire dalla soluzione al dramma dei rifiuti.
E' urgente rilanciare i temi del programma sottoscritto a suo tempo e una nuova dimensione del “fare” e del “fare bene”. E' però possibile rilanciare l’azione politica provinciale a patto che le decisioni siano tempestive e determinate, così da consentire lo sviluppo di una lunga e potente iniziativa politica. Si può continuare insieme, a condizione che il progetto programmatico e la nostra spinta politica esprimano una reale alternativa allo status quo, in grado di comprendere fino in fondo le esigenze e le richieste che vengono dalla società, e di riportare alla partecipazione quella grande massa di esclusi e insoddisfatti. Si può continuare insieme, se si riassume il senso morale del fare politica, dell’etica pubblica. Si può continuare insieme, infine, se vi sarà un grande e reale protagonismo politico dei variegati movimenti che attraversano la società.
Riteniamo per questo che i movimenti e le diverse espressioni della società civile che intendono aderire ad un progetto di alternativa, alla battaglia contro la americanizzazione della società italiana, per una rappresentanza autonoma della sinistra e degli ecologisti, debbano essere coinvolte fin dall’inizio e a pieno titolo nel percorso di definizione del profilo programmatico. Ma la partecipazione alla discussione e alle decisioni politiche e programmatiche non può essere separata da una precisa scelta di campo generale e dalla contestuale mobilitazione contro questo cinico disegno di eliminare la Sinistra, che passa dentro la vicenda elettorale ma anche dentro i territori, nelle vertenze sul lavoro e sull’ambiente. E a partire dai territori intendiamo aprire “gli atelier del futuro”, luoghi di elaborazione culturale prima ancora che politica, momenti di partecipazione per costruire un programma condiviso che sappia indicare con chiarezza le priorità e i punti di svolta proposti rispetto alla situazione attuale.
La carta programmatica della sinistra arcobaleno
più diritti, più libertà, più ambiente, più solidarietà
La battaglia per la pace fondata su un nuovo ordine mondiale non può che partire, in Italia, dal rispetto del dettato costituzionale, e quindi dal ritiro dei militari italiani anche dalla missione in Afghanistan. Con il Governo Prodi abbiamo segnato un primo passo in direzione di una politica estera non subordinata e accondiscendente alla guerra “preventiva” e unilaterale imposta da Bush, e abbiamo cominciato a disegnare una strada nuova che ha avuto nel ritiro dall’Iraq il punto di partenza. Dobbiamo procedere con più forza e determinazione e uscire subito anche dall’Afghanistan, per lavorare alla pace così come ci viene dettato dall’art. 11 della nostra Costituzione.
Per i diritti delle donne, per i diritti delle bambine e dei bambini, per i diritti di tutti. Per riaffermare la battaglia per la laicità dello Stato.
La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo è delle libertà individuali e collettive. Le libertà possono crescere solo in uno Stato laico. Per questo la laicità dello Stato è un bene non negoziabile. Uno Stato laico riconosce le forme di vita e gli orientamenti sessuali di tutte e di tutti. Si regge sul rispetto di tutti i sistemi di idee, di tutte le concezioni religiose, di tutte le visioni del mondo. Combatte l’omofobia e il maschilismo. Assume dal femminismo la critica delle strutture patriarcali e il principio della democrazia di genere. Crea le condizioni sociali e istituzionali per rendere effettivi i diritti e le scelte libere di tutte e di tutti.
Oggi è, più che mai, necessario valorizzare il senso profondo della rivoluzione più lunga e incompiuta, quella femminista, in cui il corpo di donna è diventato protagonista ed ha arricchito in maniera determinante il pensare e l’agire per l’alternativa di società.
Un senso che va rivendicato proprio oggi, in un momento in cui le conquiste delle donne sono pericolosamente aggredite, e dentro un dibattito in cui per costruire l’altro mondo possibile è determinante il contributo di un pensiero critico femminista forte, di una parola di donna urlata contro il patriarcato e il nuovo ordine globale. L'intreccio tra il capitalismo e il patriarcato si esprime oggi in forme inedite, che devono essere analizzate alla luce delle trasformazioni intervenute nel corso del Novecento, a cominciare da quella straordinaria rivoluzione delle donne che ha lasciato un segno su tutto. Un segno forte e duraturo, nonostante i molti tentativi di restaurazione misogina oggi in atto in tutti i Paesi del mondo e nonostante la persistenza di forme odiose ed estreme d'oppressione e sfruttamento delle donne. Un segno da cui partire per ridare significato alla politica. Nei processi della globalizzazione neo-liberista, caratterizzati dal ritorno della guerra, dalla militarizzazione dei territori, delle culture e delle menti, dall'ossessiva volontà di erigere nuovi muri contro ogni diversità, dalle rinnovate forme di un infinito e devastante saccheggio del pianeta, le donne, con la loro stessa esistenza quotidiana, portano alla luce le contraddizioni essenziali tra le scelte del capitalismo globale e i bisogni primari e fondamentali dell'umanità. Le donne mettono al mondo e curano quei corpi che la globalizzazione destina ogni giorno di più ad un mondo e ad un domani senza futuro. La contraddizione di genere, che informa le relazioni tra uomini e donne, offre chiavi d'interpretazione fondamentali per capire i problemi della contemporaneità. Il conflitto di genere, se attivato consapevolmente e responsabilmente, modifica alla radice il modo di pensare e agire il cambiamento. La politica ne ha, davvero, un bisogno sostanziale.
Non basta limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca.
Pretendiamo che non si metta a rischio l'autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze. Pretendiamo che ci venga garantito, nonostante l'obiezione di coscienza, di esercitare il nostro diritto. Va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro). Vogliamo più consultori nella nostra provincia e più garanzia al loro buon funzionamento.
Vogliamo che sia garantito il diritto delle bambine e dei bambini ad un armonico e positivo sviluppo delle proprie capacità, vogliamo che a tutti i bambini venga garantita la migliore formazione cognitiva ed emozionale possibile: vogliamo asili nido pubblici per tutte e per tutti.
Vogliamo che lo spazio sociale liberato da questi luoghi diventi a sua volta il luogo della crescita delle donne nel mondo del lavoro, perché la libertà e l’autodeterminazione passano attraverso l’emancipazione economica.
E poi ci sono i tempi delle donne e quelli della politica che non coincidono mai. Vogliamo che lo “scandalo” delle donne che discutono e decidono in politica diventi utile allo sviluppo dell’iniziativa per una democrazia paritaria e realmente antipatriarcale. Lanciamo un appello per la istituzione, in ogni comune della provincia, di una commissione pari opportunità e per la messa in rete delle esperienze istituzionali di democrazia di genere che via via si compiono nelle diverse realtà.
Promuoviamo liste elettorali in cui sia garantita la pari presenza dei generi (50 e 50) soprattutto nelle posizioni eleggibili. Promuoviamo le donne negli organi esecutivi e di rappresentanza istituzionale per un più efficace sviluppo delle tematiche femminili e per la tutela dei diritti di tutte e di tutti.
Occorre acquisire il concetto di limite dello sviluppo, di armonia tra consumi e risorse, di superamento della crescita quantitativa per rilanciare la qualità dei consumi e l’etica della scelte. La difesa dell’ambiente e del territorio sono essenziali per disegnare una strategia di sviluppo autocentrato, che faccia forza sulle risorse naturali - con la promozione delle tipicità locali e delle produzioni biologiche - e sulle risorse umane - con la valorizzazione della ricerca soprattutto nel campo agro-alimentare, in quello delle tecnologie di monitoraggio e difesa del territorio ed in quello della nuova frontiera della bionica, per migliorare le condizioni di vita dei singoli. In questi settori potrebbero essere diretti, anche parzialmente, gli sforzi per riconvertire le attività delle industrie della meccanica leggera e delle telecomunicazioni della nostra provincia. Ripopolare le zone interne con allevamenti autoctoni – pensiamo al bovino matesino, al maiale nero casertano – significa riproporre la tipicità innanzitutto come alimentazione naturale, ma significa anche rispondere ed intervenire in modo adatto (allevamenti semibradi) alle malattie che hanno investito e continuano ad investire gli allevamenti di altre parti d’Italia e d’Europa. Bisogna altresì impegnarsi nella individuazione, nello studio e nello sviluppo delle biodiversità del territorio e della loro tutela. Il recupero degli scrigni di cultura, intendendo per tali le ricchezze artistiche ed archeologiche di Aversa, Capua, Sessa Aurunca, Santa Maria Capua Vetere, Maddaloni, l’Area Atellana devono essere restituite ai loro antichi splendori. Il territorio casertano e le sue ricchezze ancora in buona parte da scoprire e valorizzare devono entrare a pieno titolo nei tour della cultura internazionale.
La tutela della salute e dell’ambiente devono diventare un vincolo generale delle politiche economiche, industriali e delle infrastrutture. Alcuni beni dell’umanità non possono diventare merci e vanno garantiti a tutti gli esseri umani (acqua e patrimonio genetico prima di tutto). Saremo sempre impegnati nella battaglia contro la privatizzazione dei beni essenziali dell’umanità. La decontaminazione del territorio è un imperativo imprescindibile. Non c’è posto della provincia di Caserta dove potenzialmente sia nascosta o agisca una fonte d’inquinamento, sia essa derivante dai comportamenti illeciti endogeni che conseguente ai veleni trasportati da tutte le regioni d’Italia in quella che è diventata a detta di organizzazioni ed organismi finanche istituzionali o paraistituzionali la pattumiera d’Italia. La difesa del paesaggio significa subito dal lato “mare” lotta all’inquinamento del litorale e recupero della balneazione, con il rafforzamento delle strutture di depurazione e il risanamento dei fiumi, e, dal lato monti, blocco e recupero ambientale rapido delle cave incredibilmente aperte in tutti i nostri monti. Ma significa anche valorizzazione dei percorsi turistici minori o alternativi, sui quali la provincia potrebbe impegnarsi in maniera decisiva e valorizzazione dei centri storici, nei quali bisogna incentivare una politica di limitazione forte del traffico e di incentivazione di parcheggi esterni serviti da navette del trasporto pubblico. Difesa del paesaggio significa inoltre continuare a sostenere il progetto di riconversione ambientale e produttiva dei monti Tifatini, per la definitiva cessazione delle attività estrattive e la trasformazione dell’intera area martoriata in “parco urbano dei monti Tifatini” affinché sia recuperata nel tempo una configurazione paesaggistica ed una funzione sociale e ambientale delle colline. Bisogna lavorare alle bonifiche e al disinquinamento dell’intero territorio casertano.
Democrazia e partecipazione sono le condizioni senza le quali i diritti individuali e collettivi non possono affermarsi. Per questo è necessario difendere l’indipendenza della magistratura, il pluralismo dell’informazione e l’indipendenza del servizio pubblico, nonché sviluppare la pratica della partecipazione. Per l’ennesima volta non è stata varata una legge organica sul conflitto d’interessi per chi intende ricoprire o ricopra cariche pubbliche e il ridisegno del sistema radiotelevisivo. In questo il PD ha enormi responsabilità e, col rischio della grande coalizione, è presupponibile che non si faranno mai più se non c’è una sinistra attenta e battagliera. Occorre aumentare la partecipazione democratica senza sbarramenti e restrizioni della possibilità stessa di partecipazione: il pluralismo politico è un valore che non deve subire limitazioni. Purtroppo si andrà al voto con lo stesso sistema elettorale voluto dal governo delle destre che non garantisce la possibilità di partecipazione dei cittadini alla scelta dei candidati e degli eletti. In più c’è il rischio della riforma bipartitica che vuole emarginare pezzi significativi della società. Bisognerà valorizzare le istanze non delegate di democrazia diretta (comitati, movimenti, associazioni) anche per affrontare il cuore dei problemi che abbiamo di fronte: il disastro rifiuti, con il fallimento ormai sotto gli occhi di tutti e il problema dello sviluppo economico e della missione produttiva di questa provincia e delle sue diverse aree.
Occorre reinventare il pubblico come servizio di qualità per tutti i cittadini e le cittadine nonché difendere in modo intransigente lo stato sociale, il patrimonio ambientale e artistico, la formazione e la ricerca pubblica. Vanno ripensate quelle privatizzazioni e liberalizzazioni che non garantiscono quei servizi essenziali per garantire i quali era nato l’intervento pubblico o che producono gravi rischi in settori strategici dell’economia senza apportare benefici per i cittadini.
Va sostenuto il diritto all’autorganizzazione e al godimento di spazi pubblici da parte di movimenti, associazioni, gruppi per garantire il diritto di aggregazione, espressione e socialità, contro la militarizzazione del territorio. Non bisogna abbassare la guardia sulla battaglia contro la destinazione privata e speculativa dell’area Macrico a Caserta, per la realizzazione del parco urbano e per la salvaguardia degli spazi “pubblici” e “comuni”.
Una diversa politica sull’immigrazione non potrà semplicemente riprendere le mosse da quanto accaduto nella legislatura passata e nell’incapacità di cancellare la Bossi-Fini. Più in generale, l’immigrazione non deve più essere considerata come tema di ordine pubblico, ma ha bisogno di politiche intelligenti di integrazione e lotta a chi delinque, rimuovendo esattamente quelle condizioni che lo consentono. Gli immigrati continuano ad essere doppiamente sfruttati, sul lavoro e dalla malavita organizzata, che approfitta della loro condizione di disperazione. Ciò che non si è fatto a livello nazionale bisognerà farlo sul piano locale intervenendo sulle problematiche specifiche dei degli immigrati (trasporti, casa, diritto di cittadinanza).
La disoccupazione, in particolare quella giovanile e femminile, la precarietà, le morti bianche, il lavoro privo di tutele e diritti, sono i punti di attacco della nostra politica economica. Bisogna superare tutte quelle forme di lavoro che non garantiscono né un reddito sufficiente a vivere né la maturazione di una pensione. In particolare quelle flessibilità subite e non liberamente scelte. L’introduzione di tutele nel mercato del lavoro non va contrapposta ai diritti nel lavoro. Si deve ampliare l’area del lavoro tutelato dall’articolo 18 della legge 300. L’articolo 39 della Costituzione va applicato attraverso una legge che impedisca alle controparti dei lavoratori di scegliersi gli interlocutori sindacali coi quali trattare e sottoscrivere i contratti. Il consenso dei lavoratori deve essere vincolante per la sottoscrizione degli accordi. Anche sul piano locale, le agenzie del lavoro non saranno un competitore pubblico del nuovo caporalato delle agenzie private, ma soggetti alternativi per metodo ed obiettivo. Dentro un quadro di nuova missione produttiva esse costituiranno l’impalcatura operativa di un progetto di orientamento e formazione dei giovani e di recupero delle risorse umane sprecate: dovranno fungere da terminali attivi per la determinazione dei percorsi concreti e finanziati di formazione continua e di sostegno al reddito - anche attraverso forme di gratuità dello studio e dei trasporti - oltre che di reale ricerca dello sbocco lavorativo e costituiranno una rete per il controllo sul territorio sul piano della lotta al lavoro nero, specialmente nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura. Bisogna elaborare un vero e proprio piano straordinario di lotta alla disoccupazione.
La spesa sociale deve evolvere verso la media europea, con particolare attenzione ai disoccupati, ai non autosufficienti, ai poveri e per garantire l’accesso alla formazione. Il prelievo fiscale deve basarsi sulla progressività. Deve riequilibrarsi la distribuzione dei redditi; devono crescere retribuzioni e pensioni e deve ridursi il gigantesco trasferimento alle rendite. In tale contesto il recupero salariale assume valore centrale e vitale. Se si vuole rimettere in moto l’economia e dare dignità a chi è stato penalizzato in tutti questi anni bisogna aumentare in modo consistente la capacità d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Per un rilancio dell’economia provinciale bisogna essere in grado di costruire una ipotesi industriale. I distretti industriali mostrano la corda della crisi di sistema. L’apparato produttivo della provincia deve rinnovarsi: alcuni settori sono definitivamente superati e non potranno assolutamente competere con le produzioni dei paesi emergenti. Paradossalmente nell’epoca di “maggiore splendore” del privato emerge tutta la pochezza ed il completo fallimento dell’espulsione del pubblico. La presenza pubblica deve ritornare al centro della iniziativa. Chimica farmaceutica, aerospaziale, elettronica civile: ecco i settori che possono e devono trovare proposte d’insediamento sul territorio casertano.
Il fallimento del piano dei rifiuti è sotto gli occhi di tutti. Dopo 14 anni di commissariamento non si è fatto alcun passo in avanti sul terreno della riduzione, della raccolta differenziata e del riciclaggio, condizione essenziale per un equilibrato ciclo integrato dei rifiuti che ci porti fuori dall’emergenza e risolva definitivamente il problema. L’emergenza non è solo ambientale ma anche politico-sociale e non vi è stato alcun tentativo di praticare forme di democrazia per definire linee e localizzazioni degli impianti. La mancanza di coinvolgimento e di partecipazione nelle scelte è caratteristica essenziale e determinante della attuale crisi. Per affrontare il problema dei rifiuti bisogna essere in grado di modificare modelli di consumo e stili di vita: si tratta di ridurre i rifiuti, favorendo il riuso; di sviluppare il riciclaggio, per valorizzare i residui dei consumi; di ripartire equamente dal punto di vista territoriale il carico di impatto ambientale, uscendo finalmente dal commissariamento e restituendo alle province la potestà in materia, lasciando alla regione il ruolo di coordinamento generale. Su questa base riteniamo possibile avanzare 4 proposte per un contro-piano dei rifiuti:
- riduzione dei rifiuti a monte attraverso una forte tassazione disincentivante degli imballi da consumo (bottiglie e contenitori di plastica usa e getta) e l’incentivazione diretta e indiretta del sistema “vuoto a rendere”;
- intensa attività di raccolta differenziata resa possibile dalla riduzione dei rifiuti, con il sistema “porta a porta” e attraverso una impostazione premiale e incentivante dei contributi da parte della regione alle amministrazioni comunali che raggiungono gli obiettivi di raccolta differenziata;
- realizzazione di un sistema integrato di riciclaggio (carta, vetro, plastica, metalli, verde e umido) che abbia una articolazione provinciale ed un controllo generale da parte della regione;
- conferimento del residuo indifferenziato secco in impianti di piccole dimensioni, diffusi sul territorio, con impatti ambientali sopportabili e l’assenso della popolazione.
Il tema del piano di coordinamento territoriale è centrale. Esso riguarda l’ambiente, la difesa del territorio ed il suo risanamento, la localizzazione dei siti per lo smaltimento dei rifiuti, l’intervento strutturale sui grandi mali che affliggono la provincia, a cominciare dalla diossina. Ma riguarda anche il tema della casa, del diritto delle popolazioni ad avere un proprio spazio decente di vita. In questo senso è uno strumento che promuove ed incentiva politiche attive per il diritto alla casa, sia quando si tratta di interventi per la realizzazione di case popolari pubbliche, soprattutto quando queste vengono ricavate dal patrimonio edilizio abbandonato dei centri storici, senza dunque creare ghetti dormitorio nelle periferie, che quando si tratta della promozione di aree in cui è possibile anche per il monoreddito aspirare ad una casa di proprietà, attraverso le cooperative edilizie e i finanziamenti regionali. II PTCP della Provincia di Caserta è un punto di partenza per sviluppare l'idea forza della divisione del territorio in macroaree omogenee (7 Sistemi Territoriali di Sviluppo), portatrici di diverse identità e culture, in modo da raggiungere più facilmente una serie di obiettivi:
- non un metro cubo in più di costruito ma processo di alleggerimento della pressione antropica in particolare della fascia costiera e dell'area aversana;
- razionalizzazione del processo di "consumo" del territorio derivante da nuovi insediamenti di aree industriali, aree PIP, nuovi ipermercati, che avvengono peraltro attraverso lo strumento delle conferenze di servizio che sfuggono ad una corretta programmazione e pianificazione urbanistica;
- identificazione di ulteriori aree a vocazione parco e quindi meritevoli di tutela intelligente, intesa in senso attivo e non di mera conservazione o addirittura ingessamento del territorio;
- identificazione delle aree ad esclusiva o prevalente vocazione agricola;
- gestione parallela di alcuni strumenti di programmazione territoriale e marina come il Piano della portualità, i Piani integrati territoriali, i Patti territoriali, le riserve marine.
A Caserta presentato il simbolo e i temi della campagna elettorale de la Sinistra, l'Arcobaleno
Le onde dell'arcobaleno e sopra il riferimento politico alla Sinistra. Che è il riferimento ai valori della libertà, della eguaglianza, della solidarietà, della giustizia sociale. Il simbolo presentato da verdi, rifondazione, sinistra democratica e comunisti italiani rappresenta plasticamente il tentativo in corso: la "Sinistra-l'Arcobaleno" non solo chiede voti, decisivi perché ci sia un'opposizione in questo paese, ma prova a ridisegnarsi. Prova a costruire un nuovo soggetto: unitario, plurale. Tenta appunto di costruire una nuova comunità. “E si può fare, sapendo che questo arcipelago che ha l'ambizione di costruire un'altra società non farà sconti quanto dovrà valutare il lavoro fatto”.
Con noi, nelle nostre liste, nei nostri programmi le storie degli immigrati, la grande delusione per un governo che non è riuscito ad abolire la Bossi-Fini. E la richiesta che questo governo, prima di chiudere definitivamente i battenti, modifichi la legge sui permessi e sull'asilo; con noi le storie delle precarie e dei precari, delle disoccupate e dei disoccupati, e della discriminazione infinita quando sei giovane, sei donna, sei meridionale. E della necessità che questa realtà sia rappresentata in politica. Con noi per i diritti di tutti, a partire da quelli degli omosessuali: dopo il "nulla" di questi due anni, c'è bisogno che la sinistra scelga con chiarezza da che parte stare. Con noi, le lotte delle comunità che difendono il proprio territorio, il proprio diritto alla salute. Con noi il coraggio di contrapporsi alla camorra e alla mafia, sfidando apertamente il dominio del capitale criminale e della logica spietata del profitto.
Di fronte alla caduta del governo Prodi sarebbe stato semplice, ma inutile dividersi ognuno nella propria orgogliosa identità, con il dito puntato tra di noi. E invece il dito abbiamo fatto bene a puntarlo insieme su chi ha causato l'interruzione dell'azione di Governo: non solo i centristi, ma la stessa strategia del partito democratico, che ha scavato la fossa all'Unione proprio nel momento in cui si cominciava a parlare di risarcimento sociale e di diritti. E abbiamo fatto bene a tentare questo percorso di unità perché se è vero che la decisione unilaterale del PD di rompere a sinistra e di imbarcare la summa delle culture giustizialiste e liberiste costituisce una minaccia perché rafforza, a prescindere, come direbbe Totò, le idee della destra, e anche una opportunità perché finalmente la sinistra può rappresentare autonomamente gli interessi dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti, delle donne, delle comunità in lotta per la difesa del territorio. Oggi cominciamo anche a Caserta a mettere in campo le nostre proposte sulla precarietà, sul lavoro, sull'ambiente, sui diritti. Finalmente possiamo essere "di sinistra, liberamente".
Le diversità che pure esistono tra di noi, possono essere una risorsa se le riconosciamo dentro un unica comunità. Perché sotto questo cielo c'è molta più sinistra di quanto non sia visibile nell'attuale politica.
Una sinistra diffusa, sotterranea che pone domande. Che riguardano l'immediato - cosa fare ora, come costruire, ampliare consensi alla "Sinistra-l'Arcobaleno" - ma che riguardano anche il dopo elezioni. Il «come costruire un futuro» alla sinistra. Come costruire, insomma, il nuovo soggetto unitario e plurale.
Dobbiamo tornare in sintonia, in connessione sentimentale col nostro popolo: e questo significa avere innanzitutto capacità di ascolto. Significa che la partecipazione non può diventare un optional per la nuova sinistra, deve diventare il suo modo d'essere. Solo insieme alle persone, ai movimenti, solo insieme a chi non si rassegna al mondo così com'è, si può cominciare a disegnare un'alternativa di società.
Sappiamo che il partito democratico non è uguale in tutto al popolo delle libertà. C'è una destra, iperliberista, che disegna un modello fondato sull'esclusione, sulla disuguaglianza. Il piddì ne accetta le premesse - il modello è questo e non si discute - e si limita a provare ad attenuarne gli effetti. Provando solo ad includere qualcuno e qualcosa. Ma è comunque l'intera filosofia dei democratici, il loro restare tutti «dentro» i confini del modello dato, a raccontare che non può essere quella l'alternativa alla destre.
Non sono uguali, però...meno tasse e più salari, dicono entrambi: in concreto vuol dire che invece di dare ai salari togliendo a profitti e rendite con una tassazione sempre più efficace e giusta, si vogliono recuperare i soldi con i tagli alla spesa sociale (il PD lo ha detto chiaramente nei 12 punti): per i ricchi “no problem”; per lavoratori, pensionati e studenti “un guaio serio” perché oltre all'ingiustizia di qualche spicciolo in più in busta paga e invece milioni e milioni a padroni e redditieri, c'è pure la beffa dell'aumento delle spese per la scuola, la sanità, i trasporti. Senza considerare che in questo modo va a farsi friggere anche la speranza di dotare finalmente l'Italia di un sistema di ricerca, sviluppo e innovazione che sia degno di un paese civile. Sulla precarietà propongono entrambi di renderla “garantita permanentemente”: i 1000 euro al mese, lo sanno bene i precari, sono una bella fregatura, perché non aggiungono niente a chi ha già contratti interinali, anzi rischiano di ridurre i salari già erogati, e non affrontano la questione di fondo, che è la continuità del reddito e la lotta, soprattutto nel Mezzogiorno, contro il lavoro nero e la disoccupazione. In omaggio a sua maestà la confindustria PD e PDL non intendono aggredire il nodo vero della liberalizzazione del mercato del lavoro, e cioè la legge 30; meno che meno intendono ragionare di garanzia del salario ai disoccupati. Entrambi PD e PDL parlano più o meno allo stesso modo dello sviluppo economico, e i nuovi fedeli fanno a gara con i vecchi sacerdoti del "privato è bello", lasciando che le multinazionali del commercio distruggano ogni tessuto produttivo: basta guardare cosa sta succedendo da noi, in Campania, ma non è diverso anche in altre regioni. Non si distinguono certo sul terreno dei diritti: PD e PDL dicono in coro "non si parli della 194, delle coppie di fatto": una parola chiara significherebbe immediatamente per entrambi divisioni e imbarazzi. Sono uniti sulla idea della crescita sviluppista, che privilegia quantità e omologazione e distrugge l'ambiente: tav, ponti (forse anche sullo stretto), mega impianti di produzione di energia e altre tante grandi opere inutili, mentre la vera opera utile sarebbe organizzare una grande bonifica integrale dei territori devastati da questo modello di sviluppo, e non solo in Campania. E parlano nello stesso modo anche di politica internazionale: tutti schierati a fianco della grande superpotenza americana che di pace "eterna" se ne intende. Inciuciano ampiamente sulla riforma istituzionale e non intendono "scontrarsi" sul conflitto di interessi.
Di certo il Piddi non è l'alternativa, non è utile il voto al Piddi se l'obiettivo è battere le destre
Alternativa che invece c'è, deve tornare ad esserci. Un'alternativa che cominci a riparlare del lavoro, dei lavoratori dopo decenni in cui il tema è stato relegato ai margini. Che riparta dalla natura, superando le vecchie contrapposizioni - che pure hanno segnato la storia del movimento operaio - fra difesa dell'occupazione e difesa dell'ambiente. Che si fondi sulla persona. sulla difesa della laicità dello stato. La rivendichiamo non solo nell'accezione liberale ma come filosofia alla base di una convivenza fra diversi. Garanzia di diritti per tutti e non solo. Garanzia che le differenze siano valorizzate, diventino lo strumento per costruire contaminazioni. Per costruire una nuova identità culturale. E qui dentro ci sono anche le istanze di libertà proposte dalle donne. Istanze che rappresentano - simbolicamente - un intero mondo: c'è chi non si limita a dominare la forza lavoro, il plus lavoro. Ora vogliono dominare le mente, i tempi, i corpi. Chi si ribella, le donne, quasi solo le donne, viene represso, disprezzato, relegato ai margini.
Ecco, la sinistra. Abbiamo dalla nostra idee chiare, punti dettagliati sui quali costruire proposte e battaglie. E sappiamo che comunque anche il miglior programma da solo non basta. Ci vuole qualcosa in più. Ci vuole un'idea, un progetto mobilitante. C'è bisogno "del lavoro e della lotta".
La situazione è difficile: il duopolio, l'inciucio, la grande coalizione disegnano una parabola pericolosa per le classi subalterne, il movimento operaio, la sinistra. Ma i giochi non sono ancora fatti, sebbene vogliano farci credere proprio questo. Sbaglia chi li segue, chi si sente già sconfitto: il futuro "vero" dipenderà da quanta forza avrà la sinistra l'arcobaleno. Che peso avranno i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, gli studenti, le donne, gli immigrati nelle politiche del futuro governo non dipenderà tanto da chi governerà, ma da quanta forza avrà la sinistra finalmente unita e quanta forza riusciremo a mettere nelle piazze. Anche rispetto alla stessa posizione del PD. L'esempio della Germania è davanti agli occhi di tutti: lì il partito di centro destra e quello di centro sinistra hanno fatto la grande coalizione, ma l'opposizione forte e decisa de La Sinistra (si chiama proprio così il corrispondente tedesco della sinistra arcobaleno italiana, Die Linke) è riuscita in Parlamento e nel paese a porre un argine all'offensiva del padronato e della destra. E alla fine lo stesso partito tedesco di centro sinistra, è stato costretto, suo malgrado, a fare concessioni alle classi sociali meno abbienti.
Dobbiamo, insomma, fare come in Germania: una sinistra unita e autonoma, che proponga una propria idea di società e che raccolga le forze, anche dall'opposizione, per costruire la prospettiva di un governo "per un alternativa di società". Oggi è tutto più difficile, per la scelta fatta dal PD. Ma è anche tutto più possibile.