sabato 23 febbraio 2008

A Caserta presentato il simbolo e i temi della campagna elettorale de la Sinistra, l'Arcobaleno

Di sinistra, liberamente. Sapendo da che parte stare

Le onde dell'arcobaleno e sopra il riferimento politico alla Sinistra. Che è il riferimento ai valori della libertà, della eguaglianza, della solidarietà, della giustizia sociale. Il simbolo presentato da verdi, rifondazione, sinistra democratica e comunisti italiani rappresenta plasticamente il tentativo in corso: la "Sinistra-l'Arcobaleno" non solo chiede voti, decisivi perché ci sia un'opposizione in questo paese, ma prova a ridisegnarsi. Prova a costruire un nuovo soggetto: unitario, plurale. Tenta appunto di costruire una nuova comunità. “E si può fare, sapendo che questo arcipelago che ha l'ambizione di costruire un'altra società non farà sconti quanto dovrà valutare il lavoro fatto”.

Con noi, nelle nostre liste, nei nostri programmi le storie degli immigrati, la grande delusione per un governo che non è riuscito ad abolire la Bossi-Fini. E la richiesta che questo governo, prima di chiudere definitivamente i battenti, modifichi la legge sui permessi e sull'asilo; con noi le storie delle precarie e dei precari, delle disoccupate e dei disoccupati, e della discriminazione infinita quando sei giovane, sei donna, sei meridionale. E della necessità che questa realtà sia rappresentata in politica. Con noi per i diritti di tutti, a partire da quelli degli omosessuali: dopo il "nulla" di questi due anni, c'è bisogno che la sinistra scelga con chiarezza da che parte stare. Con noi, le lotte delle comunità che difendono il proprio territorio, il proprio diritto alla salute. Con noi il coraggio di contrapporsi alla camorra e alla mafia, sfidando apertamente il dominio del capitale criminale e della logica spietata del profitto.

Di fronte alla caduta del governo Prodi sarebbe stato semplice, ma inutile dividersi ognuno nella propria orgogliosa identità, con il dito puntato tra di noi. E invece il dito abbiamo fatto bene a puntarlo insieme su chi ha causato l'interruzione dell'azione di Governo: non solo i centristi, ma la stessa strategia del partito democratico, che ha scavato la fossa all'Unione proprio nel momento in cui si cominciava a parlare di risarcimento sociale e di diritti. E abbiamo fatto bene a tentare questo percorso di unità perché se è vero che la decisione unilaterale del PD di rompere a sinistra e di imbarcare la summa delle culture giustizialiste e liberiste costituisce una minaccia perché rafforza, a prescindere, come direbbe Totò, le idee della destra, e anche una opportunità perché finalmente la sinistra può rappresentare autonomamente gli interessi dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti, delle donne, delle comunità in lotta per la difesa del territorio. Oggi cominciamo anche a Caserta a mettere in campo le nostre proposte sulla precarietà, sul lavoro, sull'ambiente, sui diritti. Finalmente possiamo essere "di sinistra, liberamente".

Le diversità che pure esistono tra di noi, possono essere una risorsa se le riconosciamo dentro un unica comunità. Perché sotto questo cielo c'è molta più sinistra di quanto non sia visibile nell'attuale politica.

Una sinistra diffusa, sotterranea che pone domande. Che riguardano l'immediato - cosa fare ora, come costruire, ampliare consensi alla "Sinistra-l'Arcobaleno" - ma che riguardano anche il dopo elezioni. Il «come costruire un futuro» alla sinistra. Come costruire, insomma, il nuovo soggetto unitario e plurale.

Dobbiamo tornare in sintonia, in connessione sentimentale col nostro popolo: e questo significa avere innanzitutto capacità di ascolto. Significa che la partecipazione non può diventare un optional per la nuova sinistra, deve diventare il suo modo d'essere. Solo insieme alle persone, ai movimenti, solo insieme a chi non si rassegna al mondo così com'è, si può cominciare a disegnare un'alternativa di società.


Sappiamo che il partito democratico non è uguale in tutto al popolo delle libertà. C'è una destra, iperliberista, che disegna un modello fondato sull'esclusione, sulla disuguaglianza. Il piddì ne accetta le premesse - il modello è questo e non si discute - e si limita a provare ad attenuarne gli effetti. Provando solo ad includere qualcuno e qualcosa. Ma è comunque l'intera filosofia dei democratici, il loro restare tutti «dentro» i confini del modello dato, a raccontare che non può essere quella l'alternativa alla destre.


Non sono uguali, però...meno tasse e più salari, dicono entrambi: in concreto vuol dire che invece di dare ai salari togliendo a profitti e rendite con una tassazione sempre più efficace e giusta, si vogliono recuperare i soldi con i tagli alla spesa sociale (il PD lo ha detto chiaramente nei 12 punti): per i ricchi “no problem”; per lavoratori, pensionati e studenti “un guaio serio” perché oltre all'ingiustizia di qualche spicciolo in più in busta paga e invece milioni e milioni a padroni e redditieri, c'è pure la beffa dell'aumento delle spese per la scuola, la sanità, i trasporti. Senza considerare che in questo modo va a farsi friggere anche la speranza di dotare finalmente l'Italia di un sistema di ricerca, sviluppo e innovazione che sia degno di un paese civile. Sulla precarietà propongono entrambi di renderla “garantita permanentemente”: i 1000 euro al mese, lo sanno bene i precari, sono una bella fregatura, perché non aggiungono niente a chi ha già contratti interinali, anzi rischiano di ridurre i salari già erogati, e non affrontano la questione di fondo, che è la continuità del reddito e la lotta, soprattutto nel Mezzogiorno, contro il lavoro nero e la disoccupazione. In omaggio a sua maestà la confindustria PD e PDL non intendono aggredire il nodo vero della liberalizzazione del mercato del lavoro, e cioè la legge 30; meno che meno intendono ragionare di garanzia del salario ai disoccupati. Entrambi PD e PDL parlano più o meno allo stesso modo dello sviluppo economico, e i nuovi fedeli fanno a gara con i vecchi sacerdoti del "privato è bello", lasciando che le multinazionali del commercio distruggano ogni tessuto produttivo: basta guardare cosa sta succedendo da noi, in Campania, ma non è diverso anche in altre regioni. Non si distinguono certo sul terreno dei diritti: PD e PDL dicono in coro "non si parli della 194, delle coppie di fatto": una parola chiara significherebbe immediatamente per entrambi divisioni e imbarazzi. Sono uniti sulla idea della crescita sviluppista, che privilegia quantità e omologazione e distrugge l'ambiente: tav, ponti (forse anche sullo stretto), mega impianti di produzione di energia e altre tante grandi opere inutili, mentre la vera opera utile sarebbe organizzare una grande bonifica integrale dei territori devastati da questo modello di sviluppo, e non solo in Campania. E parlano nello stesso modo anche di politica internazionale: tutti schierati a fianco della grande superpotenza americana che di pace "eterna" se ne intende. Inciuciano ampiamente sulla riforma istituzionale e non intendono "scontrarsi" sul conflitto di interessi.

Di certo il Piddi non è l'alternativa, non è utile il voto al Piddi se l'obiettivo è battere le destre


Alternativa che invece c'è, deve tornare ad esserci. Un'alternativa che cominci a riparlare del lavoro, dei lavoratori dopo decenni in cui il tema è stato relegato ai margini. Che riparta dalla natura, superando le vecchie contrapposizioni - che pure hanno segnato la storia del movimento operaio - fra difesa dell'occupazione e difesa dell'ambiente. Che si fondi sulla persona. sulla difesa della laicità dello stato. La rivendichiamo non solo nell'accezione liberale ma come filosofia alla base di una convivenza fra diversi. Garanzia di diritti per tutti e non solo. Garanzia che le differenze siano valorizzate, diventino lo strumento per costruire contaminazioni. Per costruire una nuova identità culturale. E qui dentro ci sono anche le istanze di libertà proposte dalle donne. Istanze che rappresentano - simbolicamente - un intero mondo: c'è chi non si limita a dominare la forza lavoro, il plus lavoro. Ora vogliono dominare le mente, i tempi, i corpi. Chi si ribella, le donne, quasi solo le donne, viene represso, disprezzato, relegato ai margini.
Ecco, la sinistra. Abbiamo dalla nostra idee chiare, punti dettagliati sui quali costruire proposte e battaglie. E sappiamo che comunque anche il miglior programma da solo non basta. Ci vuole qualcosa in più. Ci vuole un'idea, un progetto mobilitante. C'è bisogno "del lavoro e della lotta".


La situazione è difficile: il duopolio, l'inciucio, la grande coalizione disegnano una parabola pericolosa per le classi subalterne, il movimento operaio, la sinistra. Ma i giochi non sono ancora fatti, sebbene vogliano farci credere proprio questo. Sbaglia chi li segue, chi si sente già sconfitto: il futuro "vero" dipenderà da quanta forza avrà la sinistra l'arcobaleno. Che peso avranno i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, gli studenti, le donne, gli immigrati nelle politiche del futuro governo non dipenderà tanto da chi governerà, ma da quanta forza avrà la sinistra finalmente unita e quanta forza riusciremo a mettere nelle piazze. Anche rispetto alla stessa posizione del PD. L'esempio della Germania è davanti agli occhi di tutti: lì il partito di centro destra e quello di centro sinistra hanno fatto la grande coalizione, ma l'opposizione forte e decisa de La Sinistra (si chiama proprio così il corrispondente tedesco della sinistra arcobaleno italiana, Die Linke) è riuscita in Parlamento e nel paese a porre un argine all'offensiva del padronato e della destra. E alla fine lo stesso partito tedesco di centro sinistra, è stato costretto, suo malgrado, a fare concessioni alle classi sociali meno abbienti.

Dobbiamo, insomma, fare come in Germania: una sinistra unita e autonoma, che proponga una propria idea di società e che raccolga le forze, anche dall'opposizione, per costruire la prospettiva di un governo "per un alternativa di società". Oggi è tutto più difficile, per la scelta fatta dal PD. Ma è anche tutto più possibile.

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