sabato 15 marzo 2008

Gli incubi di Confindustria e i nostri sogni.

di Giosuè Bove (pubblicato su Buongiorno Caserta del 15 mar 2008)

Luigi Roca, operaio di un’altra azienda del gruppo Thyssenkrupp, la Berco di Rocca Canadese, è morto suicida per mancanza di lavoro, cioè di lavoro interinale che l’azienda non gli ha confermato. A 37 anni, significava restare sulla strada, con moglie e figli. Con il lavoro, ha scritto, “ho perso la dignità”. Lavorare stanca. Ma stanca anche vivere nella precarietà, nelle incertezze quotidiane; stanca non farcela ogni mese, con l'affitto o magari il mutuo, i conti che non tornano, i prezzi che non scendono. E tu che pensi di leggere in ogni sguardo che incroci la compassione o il disprezzo.

Luigi si è impiccato, lasciando alla moglie e ai suoi due bambini solo un piccolo pezzo di carta. La sua disperazione, secondo la “politica che conta” è un fatto privato, la conseguenza di una depressione, un gesto tragico su cui non si “deve fare politica”. E così la politica, colpevole di permettere l'altalena terribile dell'impiego a termine, a chiamata, a ore, si tira fuori dalle conseguenze delle sue scelte. Luigi ha fatto un gesto estremo, certo, il più radicale possibile. Ma quella sua disperazione, quella sua fatica di vivere è la stessa di milioni di lavoratrici e lavoratori in Italia. E rischia di essere espunta, cacciata fuori, dalla politica, definitivamente: negli USA, per esempio, gli homeless, che hanno avuto la casa pignorata, requisita dalle banche e poi venduta all'asta, si stanno organizzando e stanno rioccupando le case. Pur essendo fortemente “radicali” quelle lotte non hanno però rappresentanza politica. Ridotte a “riot”, improvvise sommosse, anche molto violente, si spengono rapidamente, senza conquistare risultati durevoli.

Ecco quello che vogliono fare in Italia: tutta la strategia messa in campo dal duopolio PD-PDL è tesa esattamente ad americanizzare la politica ed il conflitto e ad impedire la rappresentanza autonoma del mondo del lavoro. Non è casuale, del resto, l'attenzione ossessiva dei giornali di Confindustria in merito all'andamento dei consensi verso la Sinistra l'Arcobaleno. In un primo momento evidenziarono che la sinistra, dal 12,5%, rilevato prima della caduta del governo Prodi, era passata al 5,6% della seconda decade di febbraio, e resero omaggio al Partito Democratico e al decisionismo di Veltroni, per aver contemporaneamente sdoganato il centro destra, assumendone sostanzialmente le ricette neo-liberiste e messo fuori gioco la sinistra “radicale” con il “discorso sul voto utile”. In un secondo momento, di fronte alla “ripresa” dei consensi alla Sinistra l'Arcobaleno negli ultimi 10 giorni di febbraio (dal 5,6% al 7,5%), gli stessi giornali hanno espresso “grande preoccupazione” e a più riprese denunciato il nuovo raggruppamento della sinistra come il “vero pericolo”, sostenendo che “solo se questo nuovo soggetto sarà ridotto a una forza testimoniale e non incidente” allora le ricette unitarie di Ichino, Colaninno, Calearo (tanti nel PD) e Brunetta (PDL) su articolo 18, detassazione degli straordinari, ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro potranno davvero andare avanti.

Forse non meritiamo pienamente questo onore, ma al di là dei nostri limiti sta di fatto che per Confindustria siamo l'unico “pericolo” e il padronato sarà molto attento proprio al risultato de La Sinistra l'Arcobaleno. Dove guarderanno loro, facendo gli scongiuri, è davvero “utile” che guardi anche il popolo del lavoro, con auspici opposti. Se avremo consensi tali da consentire l'esistenza in Italia della sinistra, potremo davvero far vivere a Confindustria il suo incubo peggiore: una politica in sintonia con il riaccendersi delle lotte e del conflitto sociale, che si contrappone alla rapina del profitto e della rendita e che impone con la lotta, nelle piazze e nelle aule parlamentari, di restituire valore, reddito, sicurezza, qualità, vita, al lavoro. Più utile di così...

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