LA SINISTRA, L'ARCOBALENO
più diritti, più libertà, più ambiente, più solidarietà
Le forze politiche Verdi, PdCI, SD e PRC e le oltre 70 associazioni costituenti hanno voluto aggiungere al termine “sinistra” l’aggettivo/sostantivo “arcobaleno” per alludere con più forza e determinazione alla pluralità di uno spaccato significativo della società che continua a non volersi rassegnare ad un modello di sviluppo neo-liberista che crea disuguaglianze, ingiustizie sociali, violenta l’ambiente in nome di un “dio danaro” funzionale solo a pochi a scapito dei molti. Questo spaccato della società vuole una Sinistra che intende dare risposte alle esigenze e ai diritti dei soggetti sociali, contrapponendosi al pensiero unico della globalizzazione e alle conseguenti politiche escludenti fondate sull’egoismo sociale, la oppressione del più forte e la guerra, perché “un altro mondo è possibile”.
La provincia di Caserta è ancora attraversata da grandi fenomeni di degrado civile, urbano e ambientale e da inquietanti fenomeni di integrazione tra politica e criminalità e lo scontro con le destre non è una semplice battaglia programmatica, ma riguarda la stessa agibilità democratica. E' una battaglia necessaria e che dunque deve continuare, attraversando, però, il necessario e profondo chiarimento con i nostri alleati di centro sinistra ed in particolare con il PD. Questo partito ha fatto a livello nazionale la scelta unilaterale di rompere a sinistra, proprio quando nel Governo Prodi si incominciava finalmente a decidere sul risarcimento sociale; e a livello locale stenta ad assumere i connotati definitivi di partito e ad affrontare i drammatici problemi che abbiamo di fronte, a partire dalla soluzione al dramma dei rifiuti.
E' urgente rilanciare i temi del programma sottoscritto a suo tempo e una nuova dimensione del “fare” e del “fare bene”. E' però possibile rilanciare l’azione politica provinciale a patto che le decisioni siano tempestive e determinate, così da consentire lo sviluppo di una lunga e potente iniziativa politica. Si può continuare insieme, a condizione che il progetto programmatico e la nostra spinta politica esprimano una reale alternativa allo status quo, in grado di comprendere fino in fondo le esigenze e le richieste che vengono dalla società, e di riportare alla partecipazione quella grande massa di esclusi e insoddisfatti. Si può continuare insieme, se si riassume il senso morale del fare politica, dell’etica pubblica. Si può continuare insieme, infine, se vi sarà un grande e reale protagonismo politico dei variegati movimenti che attraversano la società.
Riteniamo per questo che i movimenti e le diverse espressioni della società civile che intendono aderire ad un progetto di alternativa, alla battaglia contro la americanizzazione della società italiana, per una rappresentanza autonoma della sinistra e degli ecologisti, debbano essere coinvolte fin dall’inizio e a pieno titolo nel percorso di definizione del profilo programmatico. Ma la partecipazione alla discussione e alle decisioni politiche e programmatiche non può essere separata da una precisa scelta di campo generale e dalla contestuale mobilitazione contro questo cinico disegno di eliminare la Sinistra, che passa dentro la vicenda elettorale ma anche dentro i territori, nelle vertenze sul lavoro e sull’ambiente. E a partire dai territori intendiamo aprire “gli atelier del futuro”, luoghi di elaborazione culturale prima ancora che politica, momenti di partecipazione per costruire un programma condiviso che sappia indicare con chiarezza le priorità e i punti di svolta proposti rispetto alla situazione attuale.
La carta programmatica della sinistra arcobaleno
più diritti, più libertà, più ambiente, più solidarietà
La battaglia per la pace fondata su un nuovo ordine mondiale non può che partire, in Italia, dal rispetto del dettato costituzionale, e quindi dal ritiro dei militari italiani anche dalla missione in Afghanistan. Con il Governo Prodi abbiamo segnato un primo passo in direzione di una politica estera non subordinata e accondiscendente alla guerra “preventiva” e unilaterale imposta da Bush, e abbiamo cominciato a disegnare una strada nuova che ha avuto nel ritiro dall’Iraq il punto di partenza. Dobbiamo procedere con più forza e determinazione e uscire subito anche dall’Afghanistan, per lavorare alla pace così come ci viene dettato dall’art. 11 della nostra Costituzione.
Per i diritti delle donne, per i diritti delle bambine e dei bambini, per i diritti di tutti. Per riaffermare la battaglia per la laicità dello Stato.
La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo è delle libertà individuali e collettive. Le libertà possono crescere solo in uno Stato laico. Per questo la laicità dello Stato è un bene non negoziabile. Uno Stato laico riconosce le forme di vita e gli orientamenti sessuali di tutte e di tutti. Si regge sul rispetto di tutti i sistemi di idee, di tutte le concezioni religiose, di tutte le visioni del mondo. Combatte l’omofobia e il maschilismo. Assume dal femminismo la critica delle strutture patriarcali e il principio della democrazia di genere. Crea le condizioni sociali e istituzionali per rendere effettivi i diritti e le scelte libere di tutte e di tutti.
Oggi è, più che mai, necessario valorizzare il senso profondo della rivoluzione più lunga e incompiuta, quella femminista, in cui il corpo di donna è diventato protagonista ed ha arricchito in maniera determinante il pensare e l’agire per l’alternativa di società.
Un senso che va rivendicato proprio oggi, in un momento in cui le conquiste delle donne sono pericolosamente aggredite, e dentro un dibattito in cui per costruire l’altro mondo possibile è determinante il contributo di un pensiero critico femminista forte, di una parola di donna urlata contro il patriarcato e il nuovo ordine globale. L'intreccio tra il capitalismo e il patriarcato si esprime oggi in forme inedite, che devono essere analizzate alla luce delle trasformazioni intervenute nel corso del Novecento, a cominciare da quella straordinaria rivoluzione delle donne che ha lasciato un segno su tutto. Un segno forte e duraturo, nonostante i molti tentativi di restaurazione misogina oggi in atto in tutti i Paesi del mondo e nonostante la persistenza di forme odiose ed estreme d'oppressione e sfruttamento delle donne. Un segno da cui partire per ridare significato alla politica. Nei processi della globalizzazione neo-liberista, caratterizzati dal ritorno della guerra, dalla militarizzazione dei territori, delle culture e delle menti, dall'ossessiva volontà di erigere nuovi muri contro ogni diversità, dalle rinnovate forme di un infinito e devastante saccheggio del pianeta, le donne, con la loro stessa esistenza quotidiana, portano alla luce le contraddizioni essenziali tra le scelte del capitalismo globale e i bisogni primari e fondamentali dell'umanità. Le donne mettono al mondo e curano quei corpi che la globalizzazione destina ogni giorno di più ad un mondo e ad un domani senza futuro. La contraddizione di genere, che informa le relazioni tra uomini e donne, offre chiavi d'interpretazione fondamentali per capire i problemi della contemporaneità. Il conflitto di genere, se attivato consapevolmente e responsabilmente, modifica alla radice il modo di pensare e agire il cambiamento. La politica ne ha, davvero, un bisogno sostanziale.
Non basta limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca.
Pretendiamo che non si metta a rischio l'autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze. Pretendiamo che ci venga garantito, nonostante l'obiezione di coscienza, di esercitare il nostro diritto. Va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro). Vogliamo più consultori nella nostra provincia e più garanzia al loro buon funzionamento.
Vogliamo che sia garantito il diritto delle bambine e dei bambini ad un armonico e positivo sviluppo delle proprie capacità, vogliamo che a tutti i bambini venga garantita la migliore formazione cognitiva ed emozionale possibile: vogliamo asili nido pubblici per tutte e per tutti.
Vogliamo che lo spazio sociale liberato da questi luoghi diventi a sua volta il luogo della crescita delle donne nel mondo del lavoro, perché la libertà e l’autodeterminazione passano attraverso l’emancipazione economica.
E poi ci sono i tempi delle donne e quelli della politica che non coincidono mai. Vogliamo che lo “scandalo” delle donne che discutono e decidono in politica diventi utile allo sviluppo dell’iniziativa per una democrazia paritaria e realmente antipatriarcale. Lanciamo un appello per la istituzione, in ogni comune della provincia, di una commissione pari opportunità e per la messa in rete delle esperienze istituzionali di democrazia di genere che via via si compiono nelle diverse realtà.
Promuoviamo liste elettorali in cui sia garantita la pari presenza dei generi (50 e 50) soprattutto nelle posizioni eleggibili. Promuoviamo le donne negli organi esecutivi e di rappresentanza istituzionale per un più efficace sviluppo delle tematiche femminili e per la tutela dei diritti di tutte e di tutti.
Occorre acquisire il concetto di limite dello sviluppo, di armonia tra consumi e risorse, di superamento della crescita quantitativa per rilanciare la qualità dei consumi e l’etica della scelte. La difesa dell’ambiente e del territorio sono essenziali per disegnare una strategia di sviluppo autocentrato, che faccia forza sulle risorse naturali - con la promozione delle tipicità locali e delle produzioni biologiche - e sulle risorse umane - con la valorizzazione della ricerca soprattutto nel campo agro-alimentare, in quello delle tecnologie di monitoraggio e difesa del territorio ed in quello della nuova frontiera della bionica, per migliorare le condizioni di vita dei singoli. In questi settori potrebbero essere diretti, anche parzialmente, gli sforzi per riconvertire le attività delle industrie della meccanica leggera e delle telecomunicazioni della nostra provincia. Ripopolare le zone interne con allevamenti autoctoni – pensiamo al bovino matesino, al maiale nero casertano – significa riproporre la tipicità innanzitutto come alimentazione naturale, ma significa anche rispondere ed intervenire in modo adatto (allevamenti semibradi) alle malattie che hanno investito e continuano ad investire gli allevamenti di altre parti d’Italia e d’Europa. Bisogna altresì impegnarsi nella individuazione, nello studio e nello sviluppo delle biodiversità del territorio e della loro tutela. Il recupero degli scrigni di cultura, intendendo per tali le ricchezze artistiche ed archeologiche di Aversa, Capua, Sessa Aurunca, Santa Maria Capua Vetere, Maddaloni, l’Area Atellana devono essere restituite ai loro antichi splendori. Il territorio casertano e le sue ricchezze ancora in buona parte da scoprire e valorizzare devono entrare a pieno titolo nei tour della cultura internazionale.
La tutela della salute e dell’ambiente devono diventare un vincolo generale delle politiche economiche, industriali e delle infrastrutture. Alcuni beni dell’umanità non possono diventare merci e vanno garantiti a tutti gli esseri umani (acqua e patrimonio genetico prima di tutto). Saremo sempre impegnati nella battaglia contro la privatizzazione dei beni essenziali dell’umanità. La decontaminazione del territorio è un imperativo imprescindibile. Non c’è posto della provincia di Caserta dove potenzialmente sia nascosta o agisca una fonte d’inquinamento, sia essa derivante dai comportamenti illeciti endogeni che conseguente ai veleni trasportati da tutte le regioni d’Italia in quella che è diventata a detta di organizzazioni ed organismi finanche istituzionali o paraistituzionali la pattumiera d’Italia. La difesa del paesaggio significa subito dal lato “mare” lotta all’inquinamento del litorale e recupero della balneazione, con il rafforzamento delle strutture di depurazione e il risanamento dei fiumi, e, dal lato monti, blocco e recupero ambientale rapido delle cave incredibilmente aperte in tutti i nostri monti. Ma significa anche valorizzazione dei percorsi turistici minori o alternativi, sui quali la provincia potrebbe impegnarsi in maniera decisiva e valorizzazione dei centri storici, nei quali bisogna incentivare una politica di limitazione forte del traffico e di incentivazione di parcheggi esterni serviti da navette del trasporto pubblico. Difesa del paesaggio significa inoltre continuare a sostenere il progetto di riconversione ambientale e produttiva dei monti Tifatini, per la definitiva cessazione delle attività estrattive e la trasformazione dell’intera area martoriata in “parco urbano dei monti Tifatini” affinché sia recuperata nel tempo una configurazione paesaggistica ed una funzione sociale e ambientale delle colline. Bisogna lavorare alle bonifiche e al disinquinamento dell’intero territorio casertano.
Democrazia e partecipazione sono le condizioni senza le quali i diritti individuali e collettivi non possono affermarsi. Per questo è necessario difendere l’indipendenza della magistratura, il pluralismo dell’informazione e l’indipendenza del servizio pubblico, nonché sviluppare la pratica della partecipazione. Per l’ennesima volta non è stata varata una legge organica sul conflitto d’interessi per chi intende ricoprire o ricopra cariche pubbliche e il ridisegno del sistema radiotelevisivo. In questo il PD ha enormi responsabilità e, col rischio della grande coalizione, è presupponibile che non si faranno mai più se non c’è una sinistra attenta e battagliera. Occorre aumentare la partecipazione democratica senza sbarramenti e restrizioni della possibilità stessa di partecipazione: il pluralismo politico è un valore che non deve subire limitazioni. Purtroppo si andrà al voto con lo stesso sistema elettorale voluto dal governo delle destre che non garantisce la possibilità di partecipazione dei cittadini alla scelta dei candidati e degli eletti. In più c’è il rischio della riforma bipartitica che vuole emarginare pezzi significativi della società. Bisognerà valorizzare le istanze non delegate di democrazia diretta (comitati, movimenti, associazioni) anche per affrontare il cuore dei problemi che abbiamo di fronte: il disastro rifiuti, con il fallimento ormai sotto gli occhi di tutti e il problema dello sviluppo economico e della missione produttiva di questa provincia e delle sue diverse aree.
Occorre reinventare il pubblico come servizio di qualità per tutti i cittadini e le cittadine nonché difendere in modo intransigente lo stato sociale, il patrimonio ambientale e artistico, la formazione e la ricerca pubblica. Vanno ripensate quelle privatizzazioni e liberalizzazioni che non garantiscono quei servizi essenziali per garantire i quali era nato l’intervento pubblico o che producono gravi rischi in settori strategici dell’economia senza apportare benefici per i cittadini.
Va sostenuto il diritto all’autorganizzazione e al godimento di spazi pubblici da parte di movimenti, associazioni, gruppi per garantire il diritto di aggregazione, espressione e socialità, contro la militarizzazione del territorio. Non bisogna abbassare la guardia sulla battaglia contro la destinazione privata e speculativa dell’area Macrico a Caserta, per la realizzazione del parco urbano e per la salvaguardia degli spazi “pubblici” e “comuni”.
Una diversa politica sull’immigrazione non potrà semplicemente riprendere le mosse da quanto accaduto nella legislatura passata e nell’incapacità di cancellare la Bossi-Fini. Più in generale, l’immigrazione non deve più essere considerata come tema di ordine pubblico, ma ha bisogno di politiche intelligenti di integrazione e lotta a chi delinque, rimuovendo esattamente quelle condizioni che lo consentono. Gli immigrati continuano ad essere doppiamente sfruttati, sul lavoro e dalla malavita organizzata, che approfitta della loro condizione di disperazione. Ciò che non si è fatto a livello nazionale bisognerà farlo sul piano locale intervenendo sulle problematiche specifiche dei degli immigrati (trasporti, casa, diritto di cittadinanza).
La disoccupazione, in particolare quella giovanile e femminile, la precarietà, le morti bianche, il lavoro privo di tutele e diritti, sono i punti di attacco della nostra politica economica. Bisogna superare tutte quelle forme di lavoro che non garantiscono né un reddito sufficiente a vivere né la maturazione di una pensione. In particolare quelle flessibilità subite e non liberamente scelte. L’introduzione di tutele nel mercato del lavoro non va contrapposta ai diritti nel lavoro. Si deve ampliare l’area del lavoro tutelato dall’articolo 18 della legge 300. L’articolo 39 della Costituzione va applicato attraverso una legge che impedisca alle controparti dei lavoratori di scegliersi gli interlocutori sindacali coi quali trattare e sottoscrivere i contratti. Il consenso dei lavoratori deve essere vincolante per la sottoscrizione degli accordi. Anche sul piano locale, le agenzie del lavoro non saranno un competitore pubblico del nuovo caporalato delle agenzie private, ma soggetti alternativi per metodo ed obiettivo. Dentro un quadro di nuova missione produttiva esse costituiranno l’impalcatura operativa di un progetto di orientamento e formazione dei giovani e di recupero delle risorse umane sprecate: dovranno fungere da terminali attivi per la determinazione dei percorsi concreti e finanziati di formazione continua e di sostegno al reddito - anche attraverso forme di gratuità dello studio e dei trasporti - oltre che di reale ricerca dello sbocco lavorativo e costituiranno una rete per il controllo sul territorio sul piano della lotta al lavoro nero, specialmente nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura. Bisogna elaborare un vero e proprio piano straordinario di lotta alla disoccupazione.
La spesa sociale deve evolvere verso la media europea, con particolare attenzione ai disoccupati, ai non autosufficienti, ai poveri e per garantire l’accesso alla formazione. Il prelievo fiscale deve basarsi sulla progressività. Deve riequilibrarsi la distribuzione dei redditi; devono crescere retribuzioni e pensioni e deve ridursi il gigantesco trasferimento alle rendite. In tale contesto il recupero salariale assume valore centrale e vitale. Se si vuole rimettere in moto l’economia e dare dignità a chi è stato penalizzato in tutti questi anni bisogna aumentare in modo consistente la capacità d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Per un rilancio dell’economia provinciale bisogna essere in grado di costruire una ipotesi industriale. I distretti industriali mostrano la corda della crisi di sistema. L’apparato produttivo della provincia deve rinnovarsi: alcuni settori sono definitivamente superati e non potranno assolutamente competere con le produzioni dei paesi emergenti. Paradossalmente nell’epoca di “maggiore splendore” del privato emerge tutta la pochezza ed il completo fallimento dell’espulsione del pubblico. La presenza pubblica deve ritornare al centro della iniziativa. Chimica farmaceutica, aerospaziale, elettronica civile: ecco i settori che possono e devono trovare proposte d’insediamento sul territorio casertano.
Il fallimento del piano dei rifiuti è sotto gli occhi di tutti. Dopo 14 anni di commissariamento non si è fatto alcun passo in avanti sul terreno della riduzione, della raccolta differenziata e del riciclaggio, condizione essenziale per un equilibrato ciclo integrato dei rifiuti che ci porti fuori dall’emergenza e risolva definitivamente il problema. L’emergenza non è solo ambientale ma anche politico-sociale e non vi è stato alcun tentativo di praticare forme di democrazia per definire linee e localizzazioni degli impianti. La mancanza di coinvolgimento e di partecipazione nelle scelte è caratteristica essenziale e determinante della attuale crisi. Per affrontare il problema dei rifiuti bisogna essere in grado di modificare modelli di consumo e stili di vita: si tratta di ridurre i rifiuti, favorendo il riuso; di sviluppare il riciclaggio, per valorizzare i residui dei consumi; di ripartire equamente dal punto di vista territoriale il carico di impatto ambientale, uscendo finalmente dal commissariamento e restituendo alle province la potestà in materia, lasciando alla regione il ruolo di coordinamento generale. Su questa base riteniamo possibile avanzare 4 proposte per un contro-piano dei rifiuti:
- riduzione dei rifiuti a monte attraverso una forte tassazione disincentivante degli imballi da consumo (bottiglie e contenitori di plastica usa e getta) e l’incentivazione diretta e indiretta del sistema “vuoto a rendere”;
- intensa attività di raccolta differenziata resa possibile dalla riduzione dei rifiuti, con il sistema “porta a porta” e attraverso una impostazione premiale e incentivante dei contributi da parte della regione alle amministrazioni comunali che raggiungono gli obiettivi di raccolta differenziata;
- realizzazione di un sistema integrato di riciclaggio (carta, vetro, plastica, metalli, verde e umido) che abbia una articolazione provinciale ed un controllo generale da parte della regione;
- conferimento del residuo indifferenziato secco in impianti di piccole dimensioni, diffusi sul territorio, con impatti ambientali sopportabili e l’assenso della popolazione.
Il tema del piano di coordinamento territoriale è centrale. Esso riguarda l’ambiente, la difesa del territorio ed il suo risanamento, la localizzazione dei siti per lo smaltimento dei rifiuti, l’intervento strutturale sui grandi mali che affliggono la provincia, a cominciare dalla diossina. Ma riguarda anche il tema della casa, del diritto delle popolazioni ad avere un proprio spazio decente di vita. In questo senso è uno strumento che promuove ed incentiva politiche attive per il diritto alla casa, sia quando si tratta di interventi per la realizzazione di case popolari pubbliche, soprattutto quando queste vengono ricavate dal patrimonio edilizio abbandonato dei centri storici, senza dunque creare ghetti dormitorio nelle periferie, che quando si tratta della promozione di aree in cui è possibile anche per il monoreddito aspirare ad una casa di proprietà, attraverso le cooperative edilizie e i finanziamenti regionali. II PTCP della Provincia di Caserta è un punto di partenza per sviluppare l'idea forza della divisione del territorio in macroaree omogenee (7 Sistemi Territoriali di Sviluppo), portatrici di diverse identità e culture, in modo da raggiungere più facilmente una serie di obiettivi:
- non un metro cubo in più di costruito ma processo di alleggerimento della pressione antropica in particolare della fascia costiera e dell'area aversana;
- razionalizzazione del processo di "consumo" del territorio derivante da nuovi insediamenti di aree industriali, aree PIP, nuovi ipermercati, che avvengono peraltro attraverso lo strumento delle conferenze di servizio che sfuggono ad una corretta programmazione e pianificazione urbanistica;
- identificazione di ulteriori aree a vocazione parco e quindi meritevoli di tutela intelligente, intesa in senso attivo e non di mera conservazione o addirittura ingessamento del territorio;
- identificazione delle aree ad esclusiva o prevalente vocazione agricola;
- gestione parallela di alcuni strumenti di programmazione territoriale e marina come il Piano della portualità, i Piani integrati territoriali, i Patti territoriali, le riserve marine.
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