martedì 11 marzo 2008

Il lavoro precario visto con gli occhi delle donne

Note e riflessioni su un convegno, di Anna Miranti

Giovedì 6 marzo, presso la sede dell’associazione Melagrana Onlus di Santa Maria a Vico, si è svolto il secondo incontro previsto dal convegno Donne nel Terzo Millennio, organizzato dalla stessa associazione con il patrocinio della Provincia di Caserta ed il Comune di Santa Maria a Vico, dedicato al "lavoro precario visto con gli occhi delle donne". Gli interventi della sottosegretaria al Ministero del Lavoro, D.ssa Nardi, dell’Assessore Provinciale al Lavoro, Enrico Milani e dell’assessora provinciale all’ambiente Maria Carmela Caiola hanno dato subito un tono preciso alla discussione. Le parole che si dedicano alla donna che lavora o che si affaccia al mondo del lavoro assumono qualche volta un significato più denso di verità e un po’ meno retorico. E Giovedì 6 questo è successo. Un vero peccato che nella piccola sala fossero presenti ben poche donne e, tra l’altro, volti noti da sempre per il loro impegno e pensiero.
La dottoressa Nardi, tracciando un parallelo tra le carriere di un uomo e di una donna, è riuscita a raccogliere quasi tutti i nodi dell’attuale condizione femminile dando un senso preciso alle cifre che vengono spesso enumerate in queste occasioni: uguale o migliore grado di istruzione tra i due generi, uguale se non maggiore impegno nelle professione per le donne rispetto all’uomo, presenza femminile sempre più marcata anche in quelle carriere storicamente avamposto maschile eppure.. eppure le donne che lavorano sono meno degli uomini, guadagnano meno degli uomini, fanno carriera più lentamente. Cosa succede a questa lanciatissima donna? Ella si ferma, semplicemente si ferma e decide o meglio desidera o meglio le capita di volere un figlio e allora, improvvisamente, le due rette di vita fin qui parallele, si dividono e la donna resta indietro. Si potrà dire (e si dice): ha fatto una scelta. Certo. Ma quanti uomini sono costretti a scegliere quando fanno un progetto così importante? Si potrà dire (e si dice): ma la donna incinta e poi la mamma stabilisce con il figlio un rapporto forte, esclusivo. Certo. Ma quanti padri vorrebbero vivere più intensamente la loro paternità e non lo fanno per ritegno di un ruolo che agli occhi della società appare privo di valore?
Ed è questo il punto: quel periodo della nostra vita che dedichiamo ai nostri figli ha un valore enorme per la società tutta. Invece, quel desiderio, quel bisogno, finiscono per tagliare le gambe alle donne ed il mondo del lavoro perde un pezzo importantissimo di quella sensibilità ed intelligenza di cui l’altra metà del cielo è così ricca. Eppure un altro mondo è possibile.
La società si interroga sui guasti prodotti dal consumismo sfrenato, dalla corsa ai profitti, dalla globalizzazione che ha inferocito il mondo del lavoro e della produzione. Bisogna concentrare gli sforzi i nella ricerca di nuove economie che abbiano anche a cuore le persone, l’ambiente, i patrimoni artistici e culturali del mondo intero. Pensiamo, per le donne, ma per tutti: la ricerca scientifica, le energie alternative, la cura dei siti archeologici o monumentali, l’agricoltura biologica, l’allevamento non intensivo... La nota più triste del convegno, quella che ci ha portato con la mente e con il cuore laddove muoiono uomini e donne, deve condurci a rivendicare quel mondo diverso e possibile. Forse ci vuole un coraggio antico. Quello dei nostri nonni, o bisnonni, che lavoravano e vivevano in condizioni di estremo disagio e povertà ed ebbero la forza, comunque, di lottare per i loro diritti. Non ricordare il loro sacrificio, lasciare che tutto scorra, consentire ad alcuni di arricchire ed altri di morire di lavoro e’ un tradimento grande. Il più grande.

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