martedì 15 gennaio 2008

In Campania è fallita l'idea della "politica debole" e della delega totale all'impresa

Ci sono giorni destinati a pesare a lungo nella riflessione politica e addirittura, nella storia di una società. E noi ne stiamo vivendo alcuni, proprio adesso. Di fronte a noi non c'è semplicemente il fallimento di una ipotesi di gestione del piano dei rifiuti: c'è il crollo di una idea di “politica debole” che affida all'impresa il compito non solo di produrre ricchezza ma anche di realizzare il bene comune, di governare il territorio, di contrastare o convivere con la economia extralegale. C'è il fallimento dell'ideologia neo-liberista che avviene, peraltro, dentro il quadro di una delle frontiere avanzate della globalizzazione, la Campania, ponte del Mediterraneo, imbuto e incrocio dei mercati e delle merci dell'intero pianeta.
I grandi comparti della pubblica amministrazione di questa regione, con il beneplacito ed il concorso, negli ultimi 15 anni, dei governi nazionali sia di centro destra che di centro sinistra, sono stati tutti gestiti in maniera da lasciare non solo l'operatività ma la stessa regia nelle mani delle imprese,. Con esiti che sono sotto gli occhi di tutti: in Campania non solo i rifiuti, ma tutto il comparto "ambiente" è commissariato, dalle bonifiche alle acque. E in questa direzione si va anche per quanto riguarda la voragine apertasi nella sanità pubblica, mentre regna grande confusione rispetto alle assi di sviluppo economico.
Le polemiche di questi giorni contro la sinistra e gli ecologisti accusati di aver contestato questo piano dei rifiuti e la scelta dei termovalorizzatori, hanno il sapore di una arroganza disperata. Proprio la situazione campana con oltre 7 milioni di eco-balle che nessun termovalorizzatore potrà bruciare (almeno non per produrre energia e incassare gli incentivi CIP6), dimostrano con tutta evidenza che, anche se l'impianto fosse stato in funzione, sarebbe cambiato ben poco. Le balle di rifiuti, prodotte di fatto solo per aumentare le ragioni di credito di Fibe rispetto al sistema finanziario e utilizzate come proprietà immobiliari da mettere a garanzia, hanno intasato tutte le zone disponibili. Così, per favorire gli interessi di un privato, si è determinato un disastro senza precedenti.
Adesso il dramma ha sbattuto in faccia a ciascuno di noi l'insostenibilità di questo modello, e solo chi non vuol vedere stenta ad ammetterlo. Adesso per liberare le strade e avviare il ciclo della raccolta differenziata, che è la sostanza giusta del piano del Governo, o, nella sanità, per lavorare ad una ripresa dei livelli di qualità e l'estensione dei servizi, c'è bisogno di una "politica forte" che non deleghi all'impresa e che sia capace di far prevalere l'interesse pubblico su quello privato. Ma qui è il nodo: c'è bisogno di una politica che non sia quell'intreccio perverso di interessi lobbistici e carrierismo, che spesso oggi risulta essere, e che invece sia espressione di una vicinanza reale con le masse popolari. .
La situazione impone oggi a tutti i responsabili di restare al proprio posto per la durata dell'emergenza. Ma poi bisognerà trovare, dentro lo stesso quadro politico di centro sinistra, il coraggio per avviare un percorso di innovazione e partecipazione. Si tratta di riannodare la trama, oggi lacerata, dei rapporti dentro la società, fosse anche attraverso una verifica elettorale anticipata. Non per ritrarsi, né per restare a guardare sgomenti un crollo che di fatto è già avvenuto, ma piuttosto per rimboccarci le maniche e cominciare a ricostruire subito, provando così ad evitare di consegnare completamente all'anti-politica e alle destre l'intera regione.

Giosué Bove (segretario della federazione provinciale di Caserta di Rifondazione Comunista)

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